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252 parte seconda - capitolo ii


consiglio di guerra, sono ancora in prigione da vari mesi: e i nostri compagni assoluti l’altr’ieri sono liberati oggi!... Dunque si vuol mostrare che si esegue subito la sentenza, chi a morte, chi ai ferri, chi a casa sua». «Povero Salvatore! vittima dell’altrui stoltezza! O chi avrá cuore di sentire dimani le voci di quelli che grideranno le sante messe per l’anima sua! Quelle voci forse saranno udite dalla moglie, dai figli, dai parenti. O povero Salvatore! oh! ci avessero fatto morire tutti e tre! E chi sa se non ci ricondurranno da lui! se non saremo serbati a morir dopo di lui!» Cosí dicevamo Filippo ed io rimasti soli, e seduti presso ad un tavolino nel silenzio di quella notte terribile. Non trovavamo loco, non sapevamo che dire, dimandavam sempre i custodi se vi era qualche novitá. Finalmente un’ora dopo la mezzanotte, si apre la porta, entra un custode, dice: «È venuto il procurator generale: Faucitano ha ricevuto la grazia: datemi de’ panni per rivestirlo». Ringraziammo Iddio, e dopo un quarto d’ora abbracciammo il buon Salvatore, che entrò con gli occhi smarriti. Il procuratore generale con altra gente entrò anch’egli nella nostra stanza, e cavandosi il cappello ci disse: «Signori, il re vi fa la grazia della sola vita: io griderò sempre: Viva il re, viva Ferdinando secondo». Noi ci cavammo le berrette, ed io risposi: «Ringraziamo il re che ha impedita una grande ingiustizia: ringraziamo la corte che ci ha condannati nella sua giustizia: ringraziamo voi, o signore: e ringraziamo ancora la nostra coscienza che non ci rimprovera alcun delitto». Ed egli rispose: «Bene o male che sia, la corte ha giudicato. e non bisogna parlarne: io ho fatto il dover mio e son lieto di avervi annunziata la grazia». Voleva farci salassare, darci un ristoro: noi sorridendo lo ringraziammo, lo salutammo, e rimasti soli ci demmo a ristorare il povero Salvatore.

Poiché fu ristorato alquanto con una tazza di caffé preparatagli da Filippo, tornato sereno disse: «Io non ho voluto gustar nulla di quello che mi offerivano, perché temeva non mi avessero dato qualche cosa per stordirmi, ed io voleva morire con tutti i sensi». «Ma È vero che non ti volevi con-