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tre giorni in cappella 255


stituzione, ci condusse due suoi figliuoli a visitarci. Il buon custode maggiore e l’egregio don Giulio non seppero negare a nessuno de’ nostri parenti ed amici di vederci. Rividi primamente il mio diletto fratello Alessandro, e lo strinsi al petto con gran tenerezza. Piú tardi abbracciai i miei figliuoli e mia moglie. O che momento, o che tumulto d’affetti, o che strette di cuore! I figli mi abbracciavano, mi stringevano, piangevano: e quella sventurata, pallidissima, con la faccia impietrita, volgeva gli occhi intorno piú sdegnati che addolorati, e non parlava. Ella sola mentre tutti erano stranamente commossi, ella sola non mostrava di fuori alcuna commozione, e mi faceva spavento. «Stai bene!» ella mi disse. «Sí, sto bene: e tu come stai, tu diletta mia?» «Oh, sto bene perché sei vivo». Ma quella faccia, quei fieri occhi, quel pallore, quell’apparente calma mi facevano tremare, mi mostravano un dolore terribile e profondo, perché io solo conosco l’anima sua, ed ella invano mi nascondeva quello che sentiva dentro. Non pianse, non sorrise mai in tutto quel giorno, solamente mi guardava e mi stringeva forte la mano. Mi disse: «Sono stata a Caserta, coi figli, con Giuseppe e Vincenzo tuoi fratelli, con la signora Agresti, con la moglie e due figli di Faucitano. Tu me lo avevi vietato, ma io ho voluto andarvi: perché l’avvocato Marini-Serra andato per chieder grazia non fu ricevuto. Trovammo ordini severissimi del re che non vuol vedere né ascoltare nessuno: andammo a Capua dal cardinale Cosenza, e quel santo uomo ci accolse come padre e come amico; e, perché malato, scrisse al re, pregando per voi: e ci disse di dare la lettera al vescovo di Caserta per presentarla al re. Andammo da questo vescovo che è anche un ottimo pastore ed acceso di caritá, e questi andò subito a palazzo, ma neppure egli fu ricevuto: onde lasciata la lettera del cardinale ad un ciambellano, ci disse che sperassimo bene, e tornassimo in Napoli. Noi tornammo iersera, lasciando in Caserta tuo fratello prete Vincenzo, che è tornato stanotte recando la nuova della grazia. Questo si è fatto. Tu sei vivo: ringraziamo Iddio». Io mi sentivo scoppiare il petto. Vennero