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III

Al Signor Amilcare * Lauria, avvocato.

Molte volte nei passati giorni io ho voluto scrivere, o amoroso mio difensore, e piú che difensore mio rarissimo amico; ma non ho potuto, perché aveva il cuore chiuso, e l’affetto grande non trovava parole. Ora che vi presento una copia del discorso che io lessi ai miei giudici, vi scrivo perché sento il bisogno di aprirvi tutto l’animo mio, e di dirvi almeno una parte di quello che io sento per Voi.

Io non vi conosceva, ma vi scelsi a mio difensore, perché la fama vi dava una lode rara ed invidiabile nei nostri tempi, la lode di onesto e di cordato; perché il buon padre mio m’insegnava a rispettare l’illustre padre vostro; e perché la prima volta che io giovinetto entrai nell’Universitá volli udire l’affettuosa eloquenza di Francesco Lauria: e da quel giorno il nome di Lauria fu sacro per me. Nè la fama, né mio padre, né il mio cuore m’ingannarono: Voi siete stato mio difensore, mio presidio, mio amico, mio vanto. E difendendomi, come avete fatto, avete dimostrata verissima quella sentenza degli antichi, che la fonte dell’ingegno e dell’eloquenza è il cuore, il vero oratore è l’uomo cordato.

Avete voluto prestarmi l’opera vostra gratuitamente: ed invero l’opera degli avvocati comuni può essere compensata, la vostra non mai. Se la fortuna mi ha tolto ogni cosa, e non mi dá, né mi promette altro che dolori di ogni sorte, essa non ha potere sul cuore: il mio cuore è mio, ed in esso siete Voi. Dovunque le sventure e le tempeste mi porteranno a trascinare o a spezzare questa vita dolorosa, io mi ricorderò sempre di Voi e delle vostre virtú: se ne ricorderanno i miei figliuoli, se ne ricorderá la mia famiglia, se ne ricorderanno