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racconto di mia moglie 279


Faucitano ch’è padre di sette figli». Monsignore esclamò: «Per caritá non mi dite niente piú: io adesso moro; che cosa è avvenuto questa mattina? io non ho piú sangue alle vene. Faccia Dio, faccia Dio». E cosí entrò nella reggia, ma non potè parlare subito col re, perché stava in consiglio di stato; parlò prima con la regina, ed attese che il re uscisse per poco dal consiglio per non so quale cagione, per fargli dare la lettera del cardinale.

Mentre questo accadeva nel palazzo noi stavamo fuori aspettando. Intanto sapemmo che il fratello di Faucitano, che non era venuto a Capua con noi, era stato arrestato e costretto a tornarsene in Napoli, dove fu libero. L’ora s’avanzava, il sole mi faceva male agli occhi, il freddo, il vento e la stanchezza non mi facevano reggere in piedi, cercai di sedermi su di un poggiuolo ch’è a pié del muro del palazzo, e vicino mi sedettero tutt’i bambini che si mangiavano delle ciambelle. Certi uffiziali ci videro, parlarono all’orecchio delle sentinelle, che con brutti modi ci cacciarono da quel luogo. Io che non mi reggeva cercai entrare in carrozza, ma anche le carrozze furono respinte ed allontanate. Stemmo dunque sulla via fino a ventiquattr’ore. Monsignore se n’era tornato a casa; il consiglio di stato finí assai tardi: speravamo di sapere qualche cosa; ma udimmo che il re era uscito a passeggiare, e che al ritorno andava alle quarantore. Disperate tornammo da monsignore, il quale ci consigliò di partire, e ci promise che dopo la benedizione sarebbe tornato dal re; e se il re si ostinava egli sarebbe andato a Capua la notte istessa ed avrebbe condotto il cardinale a pregarlo. Ci promise tutto, e volle che restasse in Caserta tuo fratello prete per fargli sapere una risposta. Lo ringraziammo, lasciammo Vincenzo e partimmo, dopo aver passato una notte ed un giorno in mezzo alla via, senza trovare un conforto, un tetto, una persona pietosa. Oh, mi ricorderò sempre della terribile Caserta!

Giungemmo in Napoli a tre ore di notte. Mariannina coi figli andò a casa sua. Io, i figli, la signora Agresti, i fratelli tuoi andammo a casa mia, dove trovai molta gente che mi