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34 parte prima - capitolo iv


crudeli torture. Legati con sottil funicella dalle mani e dai piedi e taluno anche dai genitali, rimanevano per molte ore cosí gettati per terra: ed ogni tanto entrava il commessario duca Luigi Morbillo ed il custode Cardellino, che a gara li battevano con fiere nerbate, e facevano gettar loro addosso secchie d’acqua fredda: sospendevano taluno per una fune da la volta, e sotto vi bruciavano paglia umida. Vito Purcaro, il quale con suo padre era fra gli arrestati, e fino al 1859 fu in carcere, mi diceva che a lui toccarono delle nerbate dal duca, e che fu sospeso; ma il tormento maggiore l’ebbe dal fumo. Questi rigori erano voluti dal ministro Delcarretto perché egli credeva che il principe Carlo avesse intinto nella cospirazione, ma non v’era, né quegli uomini l’avrebbero voluto con loro. Fu fatta la causa: alcuni condannati a morte, e per grazia all’ergastolo, molti alla galera, e i pochi assoluti rimasero lungamente in carcere. Poco prima del giudizio io andai nel carcere per rendere servigio ad un prigioniere, il quale nelle stanze del custode mi additò frate Angelo lí venuto, che volendo prendere dai braciere un carbone per metterlo su la pipa, lo faceva a stenti, perché gli vidi le mani livide, e le dita distorte e rattratte, e un cerchio rosso intorno ai polsi. Questo io vidi, e non ho dimenticato piú le mani storpie del frate. Fu un altro caso piú grave perché avvenne nella milizia. Francesco Angellotti uffiziale, Cesare Rosaroll e Vito Romano sotto-uffiziali di cavalleggieri della Guardia congiurarono di uccidere il re in una rassegna. Furono uditi ragionare tra loro il Rosaroll e il Romano, e furono denunziati dai sergente Paolillo: essi sentendosi scoperti e perduti, per non avere tormenti, deliberarono d’uccidersi l’un l’altro con le pistole: al colpo il Romano morí, il Rosaroll ferito sopravvisse, e fu giudicato e dannato a morte con l’Angelotti. Si richiedeva un grande esempio per la milizia: i due giovani condotti sino al patibolo, e sentita tutta l’amarezza della morte, ebbero grazia del capo e furono mandati in galera. L’Angellotti nel 1839 tentò fuggire dal bagno di Procida e fu ucciso. Cesare Rosaroll nel 1848 moriva colonnello a Venezia