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VI

Uno sguardo intorno a me.

Bisogna ora scendere giú ed in mezzo al popolo dove io mi trovavo, e nella coscienza comune dove era la cagione di tutto quello che si pensava, si diceva, e si faceva.

Le guerre che furono in Italia al tempo di Napoleone I, e con esse i mutamenti di stato, di leggi, di costumi, le nuove glorie, i nuovi dolori che ci straziarono, scossero fortemente gl’italiani, e ridestando in essi la vita, fecero nascere un nuovo sentimento, che da prima fu vago, e non ebbe nome, poi venne determinandosi e fu il sentimento nazionale. Esso in tutti i popoli vecchi come siamo noi comincia dalla memoria del passato, e si manifesta prima nelle opere d’ingegno degli uomini colti, poi nei fatti delle moltitudini. E le prime manifestazioni di questo sentimento sono come talli che spuntano sul vecchio tronco, ed hanno di necessitá una forma antica che fa certa discordanza col nuovo; quindi nasce un contrasto che dura fintanto che il nuovo non assorbisce il vecchio, ritenendone le parti vere e necessarie e ributtandone le false ed inutili. Questo sentimento era dentro a tutti i pensieri e a le opere degl’italiani, i quali nelle arti e nella lingua da prima, poi nelle scienze e nella politica ristoravano l’antico e il proprio, e rifiutavano ogni elemento forestiero. Necessariamente ci fu esagerazione, e quindi ci fu contrasto. Le dispute letterarie e linguistiche, le discussioni filosofiche e politiche, le sette, le cospirazioni e i tentativi di rivoluzione erano manifestazioni indeterminate di quel sentimento nazionale, che dopo molti sforzi trovò la sua forma in cui ora si spiega interamente. Gl’italiani unirono prima le menti nei congressi scientifici, poi le armi nella prima e sventurata guerra nazionale.