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[511] difesa di luigi settembrini 225


lo condusse in casa di Federico d’Ambrosio, il quale gli fe’ prestar giuramento, gli diè parole e segni settarii: che il Poerio contento di tutto questo gli fece larghe promesse non mai adempiute, quantunque egli assistesse sempre il Poerio, il Nisco, il Settembrini (cosí io son nominato la prima volta, quasi caduto dalle nuvole): che da tutti noi ebbe incarico di diffondere tra gli elettori dei cartellini in istampa per far nominare deputato Settembrini, Ignazio Turco, e Nisco; e diffondere manifesti stampati coi quali si consigliava il popolo a non fumare, non giocare al lotto, non pagar fondiaria: che gli amici e confidenti del Poerio erano il Settembrini, il Nisco, l’Attanasio, il padre Grillo cassinese: confidenti del Nisco Luigi Fittipaldi e Giovanni Turco: gli amici e confidenti miei erano diversi, ma non sapeva il nome di alcuno.

Dopo 23 giorni, cioè il 6 maggio chiamato dal commessario di polizia signor Maddaloni dichiara che il libello è scritto e sottoscritto da lui, che la setta è l’Unitá italiana, che per la remotezza del tempo non ricorda il giuramento, le parole, i segni; che conobbe me per mezzo del Poerio; che il Poerio, il Settembrini, il Nisco, l’Attanasio, l’Ambrosio, il Grillo son tutti settari: che non può dar testimoni di questi fatti perché tutto avveniva nel segreto.

Il 29 maggio scrive un altro libello che diceva: essere andato in casa Poerio, avervi trovato un farmacista, il deputato Cicconi, e tre altri ignoti, i quali tutti parlavano di un cancelliere ucciso negli Abruzzi per opera di una setta che voleva uccidere tutti i nemici de’ liberali: il Poerio averlo spinto a venire da me; egli venne per sapere alcuna cosa di nuovo, io gli dissi non saper nulla, ma gli dimandava quanti uomini egli aveva alla sua dipendenza e quanti armati; ei mi disse una bugia, io me la bevvi, e gli disse di tornare altra volta.

Ecco l’accusa, ma vaga e preparatoria; ma diretta principalmente contro il Poerio e contro me: tutti e due dovevamo essere colpiti, io prima, egli dipoi: per tutti e due bisognava un fatto, per me fu facile trovare un proclama, per lui dovettero fingere una lettera speditagli dal Dragonetti. Circolava per Napoli un proclama sedizioso, si pensò di attribuirlo a me, e di trovare cosí un fatto pel mio arresto. Questo pensiero trasparisce chiaramente dal vol. 20, fol. 3, processo a mio carico, dove è scritto. «Certifico io sottoscritto cancelliere di polizia che emergendo da indicazioni riservate di alta polizia che l’orefice Luigi Iervolino avesse

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - ii. 15