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[513] difesa di luigi settembrini 227


col Settembrini, e di che?» Nessuno dirá che il Maddaloni non fece queste dimande perché mi voleva bene e non voleva scoprire il vero; non si può dire che non le fece per ignoranza, perché egli sa bene il suo mestiere, e le son tali che anche un bambino le avrebbe fatte. Si dee dunque dire che le dichiarazioni scritte gli furono mandate, ed ei dovette rispettarle perché la fazione che mi odiava e che gliele mandò non sapeva far di meglio, e credeva che quello che era scritto bastasse a perdermi, perché si voleva un pretesto per arrestarmi, non una regolare accusa. Se la denunzia fosse stata vera, il commessario l’avrebbe sminuzzata in minime parti, avrebbe fatto ben tornar la memoria al denunziante, lo avrebbe ritenuto come complice non come testimone a carico, avrebbe chiarito ogni cosa, e in quello stesso giorno 6 giugno, avuto facilmente il permesso del ministro, avrebbe fatto arrestar me, cercar la mia casa e la libreria del Rondinella: ma per contrario si dá tutto il tempo di diffondere i proclami per l’Europa, perché io sono arrestato il 23 giugno, e la libreria del Rondinella è dimenticata; e solo in luglio, e per ordine di un altro commessario, è ricercata, e non vi si trova nulla. Se opera cosí chi vuole scoprire il vero, io rinunzio alla qualitá di essere ragionevole. Il commessario dovette tacere e rispettare i libelli avuti; e capí che era un pretesto messo in mezzo per arrestarmi, e mi fece arrestare. Il Poerio fu colpito di poi, il Nisco era giá in prigione: gli altri furono tenuti in serbo, perché meno odiati.

Legalissimamente, cioè in linea di prevenzione e per ordine del ministro dell’interno, fui arrestato dagl’ispettori fratelli Cioffi, i quali accompagnati dal loro vecchio padre, che si tenne nascosto nelle scale, vennero in mia casa, cercarono e frugarono per tutto con assai diligenza. Era con me il mio egregio amico, avvocato Nicola Mignogna di Taranto, e fu arrestato anch’egli, perché, secondo dice il verbale, «sfornito di carte giustificative e per conservare diverse carte»; mentre egli è in Napoli da venti anni, ed aveva in tasca citazioni sentenze, ed altri libelli giudiziari. Sopravvenne un distributore di libri a nome Angelo Barrafaele romano, che soleva portarmi libri a dispense, e fu arrestato col pretesto di essere «sfornito di carta di soggiorno, e per avergli trovate carte manoscritte addosso»; ma la causa vera fu perché seppero che era romano e parlava un orribile dialetto. Sopravvennero dei giovani studenti: gli ispettori videro loro libri e carte, e forse ebbero vergogna di arrestarli. Fummo condotti in prefettura: quei