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[589] seconda difesa di luigi settembrini 303


mi ha dati questi quattro proclami, e li teneva nel suo studio; avrebbe nel medesimo giorno 6 mandato ad arrestarmi, e cercarmi minutamente la casa e lo studio, avrebbe fatto lo stesso col Pacifico e col Rondinella. Io per contrario sono arrestato il giorno 23 giugno: la libreria del Rondinella è ricercata il 1° luglio, dopo un’altra dichiarazione del Iervolino, e per ordine di un altro istruttore: ed il 4 luglio è ricercata la casa del Pacifico, il quale non è neppure arrestato. Non si può dire che questo tempo, tra la dichiarazione del Iervolino ed il mio arresto fosse perché la polizia raccoglieva altre pruove, perché in processo non vi sono altre pruove, ed immediatamente dopo il verbale della presentazione dei proclami che ha la data del 6 giugno, viene il verbale del mio arresto del giorno 23. E poi se vi erano in vista altre pruove, queste si potevano raccogliere anche dopo il mio arresto: e poi non si doveva trascurar la prova di un possibile reperto in casa mia.

Quando la polizia mi arrestò, avendo trovati in mia casa un distributore di libri ed il mio amico Mignogna, li arrestò, perché mancanti di carte giustificative, e ricercò le loro case lo stesso giorno 23 giugno. Dunque la polizia si fa di fuoco, e ricerca subito le case di costoro che furono arrestati per semplice sospetto; e si fa di gelo per me che aveva avuta quella denunzia dal Iervolino il 6, e viene ad arrestarmi il 23. E non vedete, o signori, che dal processo apparisce chiaro quello che io affermava, che i sette testimoni vi avrebber detto, cioè che il Iervolino ebbe il proclama da altri, e fu costretto a dire che lo ebbe da me?

Ora vediamo con quali particolari il Iervolino dice di aver avuto da me i proclami. Ogni ribaldo può dire di aver ricevuto da un onest’uomo una carta, un pugnale, un veleno; né perché egli lo dica, un giudice gli deve prestar fede, se non ha altre pruove, le quali debbono essere di tal peso da togliere la fede all’onesto uomo e darla al ribaldo. E qui permettetemi che io dica, che il procurator generale trasportato dal zelo dell’accusa faceva del Iervolino un fior di galantuomo, e di me un ribaldo, diceva che io confessai di conoscere il Pacifico, riteneva senza altro che io, perché sono io, composi e dispensai il proclama, e leggendo con giusto sdegno e raccapriccio quella pazza e scellerata scrittura, disse gravi e cocenti parole contro di me, e finí dicendo: «sia segno degli errori cui può trascinare una colpevole e mal frenata passione». Io vi ripeto che non mi lamento di queste parole: se