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92 parte terza - capitolo xxiii [378]


fece da Pescara a Gaeta, il dottore Innocenzo Veneziano che udí questo discorso, ci narrò distesamente come per ventisette giorni dall’ultima Reggio sino a Napoli egli con suo fratello, con Francesco Bellantonio, e con una quindicina di malfattori, fu menato a piedi, legato i polsi dalle manette, le braccia dalle funi; cosí mangiavano, cosí dormivano e solamente quattro volte in ventisette giorni furono disciolti dalla crudelissima catena ond’erano legati giorno e notte, perché fermaronsi quattro volte in quattro carceri sicuri. Gli strazi patiti dal povero dottore, dal fratello podagroso, condannato alla galera ed ora nel bagno di Procida, e dal giovane Bellantonio sono stati l’argomento d’un lungo e doloroso ragionamento iersera, e di un crudele sogno che io ho fatto stanotte. Nel quale mi pareva di essere anch’io legato cosí e trascinato dai gendarmi, e sentiva ribollirmi tutto il sangue agli insulti che quella gente stoltamente e ferinamente crudele faceva a me ed agli altri: e parevami che io avessi a un subito tanta forza da sciogliere tutti, ma non me stesso che mi sentiva legato da mani e da piedi da’ gendarmi che solo me volevano trascinare per terra per vendicarsi di me che aveva sciolti gli altri.

L’ergastolo è la casa de’ sogni: qui si sogna ad occhi aperti, e ad occhi chiusi: perché la speranza, che è il sogno de’ desti, ci fa parlare il giorno, ci muove il cervello la notte. La mattina come apriamo gli occhi, ciascuno, come tra persone oziose, racconta i suoi sogni, che sono fantasie stranissime. Ravvolti i letti, e spazzata la stanza ciascuno pensa a cuocersi il cibo, che è fave, o fagiuoli, o ceci, o lenti, o pasta, e raramente si ha un po’ di carne, o un po’ di pesce, e non da tutti. Mentre i fuochi ardono, e le pentole bollono, (finalmente dopo tante fatiche abbiamo potuto dimostrare e persuadere che i carboni sono innocenti nelle mani nostre, e che ci servono per cucinare non per fabbricare coltelli) alcuni fumano, alcuni passeggiano, altri chiacchierano a sproposito, altri legge, altri scrive, altri fa niente, altri sbeffa; spesso sembriamo una gabbia di matti. Mezz’ora prima del mezzodí ciascuno spiega una salvietta su le tavole del suo letto, o