Pagina:Settembrini - Protesta del popolo delle Due Sicilie.djvu/23

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Il Ministro degli affari esteri, Principe di Scilla Fulco Ruffo di Calabria, è un grosso pezzo di carne aggomitolato, che parlando balbetta e spruzza saliva, e non sa far altro che spensieratamente spetezzare.

Ministro degli affari ecclesiastici è il divoto Principe di Trabia Giuseppe Lanza, il quale non manca di principii generosi, ma la cui vita non è che un continuato banchetto.

Del ministero della guerra e marina è Direttore il generale Giuseppe Garzia: il Re n’è Ministro.

In Sicilia è luogotenente generale Luigi de Maio, il più codardo di quanti mai cingono spada, scelto dal Re non per governare, ma per insultar la Sicilia, e svergognare la maestà investendone un tristo vigliacco. Prima del De Maio i Siciliani ebbero a soffrire i capricci, le lascivie, e gli oltraggi di Leopoldo conte di Siracusa, uno de tristi fratelli del Re. Da questi otto Ministri è composto il Consiglio di Stato, e da altri ancora i quali non hanno un carico particolare, e si dicono Ministri senza portafoglio. Questi sono: Giustino Fortunato, iena ferocissima ed insaziabile; Niccola Niccolini, uomo doppio che ha scritto secondo ragione ed opera secondo vuole il Re: il Principe di Campofranco, il Principe di Comitino, il Duca di Laurenzano, il generale Saluzzo.

I primi Ministri son gelosi dei secondi: i secondi tentano screditare i primi; il Re li conosce e disprezza tutti: tutti disprezzano lui. Gli affari gravi si propongono in Consiglio di Stato il quale è fatto così. I Ministri si ragunano, cominciano a proporre e discutere, il Re sbadiglia, e dopo dice: seguitate voi, che io vado a far colezione. Quando gli piace torna fumando un sigaro: quelli parlano, ei passeggia e fuma; poi dice al suo segretario: prendi tu le carte, che vedrem noi questo affare. I Ministri avviliti, arrabbiati, stanchi dopo molte