Pagina:Settembrini - Protesta del popolo delle Due Sicilie.djvu/26

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il marito costringendolo o a riprendersi la donna, o a darle un assegnamento ben grosso. Mille fatti di questi e più brutti ancora sono accaduti ed accadono; e sarebbe inutile a scriverli. Il Ministro di Grazia e Giustizia se n’è lagnato; il Re ha ordinato che la Polizia non si brigasse di affari civili; gli ordini del Re sono stati spediti sino a Commessarii: la Polizia seguita nello stesso modo. Le donne più sozze hanno i favori del Ministro; vi corrono ad ogni udienza, fanno anche le spie, ed ei le riceve in una stanza, dove sono specchi e profumi, ed addobbi di meretrici.

Per conoscere quel che fa la Polizia negli affari criminali bisogna sapere che il Ministro è ancora generale e capo dei gendarmi: onde egli, i Commessarii, gli ispettori, gl’impiegati, tutti i gendarmi, i birri sono una cosa. Ed egli per rendere più terribile la sua potenza ha fatto fare una legge che chiunque, per qualunque cagione, ardisce dar pure un pugno ad un gendarme non ha meno di sette anni di galera. Un ebanista di Sorrento mal sofferiva che una sua sorella amoreggiasse con un caporale di gendarmi: un dì entra in casa e ve lo trova; sgrida e batte la sorella, il gendarme lo investe, ei gli dà un pugno sul viso: fu condannato alla galera per tredici anni. Il rapporto di un gendarme è documento degnissimo di fede: e i delitti contro la forza pubblica sono puniti con una pazza crudeltà. Egli è giusto che i cittadini rispettino la pubblica forza, e sieno puniti quando mancano a questo rispetto; ma quando la forza pubblica sono i birri ed i gendarmi, cioè la più sozza ed infame canaglia, questi abusano del potere che hanno; e quando il gendarme o per ubbriachezza o per capriccio o per prepotenza mi percuote o m’ingiuria, o attenta all’onor della mia famiglia, non è più forza pubblica, ma è un ribaldo, che Dio, le leggi e l’onore mi comandano di punire, è un tristo che usa della forza non già della