Pagina:Sino al confine.djvu/137

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chiamolo, questo qui.... lasciamolo in pace, come il leone che dorme! Se lei sapesse come Roma è bella e grande: vedrà, le parrà di rinascere. Ho pensato sempre a lei, a Roma. Pensavo: «ella vive fra quattro pareti, in un mondo meschino, mentre qui sarà padrona di sè stessa, e conoscerà finalmente la vita....»

Gavina palpitava, ricordando le parole di Priamo quasi identiche a quelle.

— Io, poi, spero di renderla felice. Lei, a questo non ci pensa.... perchè non mi ama! Ecco perchè è stanca della vita; non ama. Ma forse mi amerà.... forse mi ama già un pochino.... me lo dica: mi guardi! Su, stia dritta, guardi in alto, non in basso.... e non pensi alle cose inutili che finora le hanno ingombrato il pensiero! Poco fa le ho espresso un paragone; ora gliene dico un altro. Lei non ha mai veduto una barca ingombra di zavorra.... Già, lei non ha neanche mai veduto una barca: si vergogni! e poi dice che ha vissuto.... lei è appunto come una barca ingombra di zavorra; e non può quasi muoversi: buttiamo via la zavorra: veleggeremo....

— Io non amo veleggiare....

— E lei non ama niente! Ecco perchè tutto le sembra triste e brutto. La vita è bella quando noi sappiamo amarla; ma bisogna uscire dal cerchio del nostro io, per essere felici. Basta vivere un pochino accanto agli al-{{PieDiPagina|Deledda