Pagina:Sino al confine.djvu/150

Da Wikisource.

— 144 —


— Ma che devo raccontargli? Io non ho nulla da rimproverarmi, dopo tutto, e non devo far soffrire anche lui.

— Dimmi che mi vuoi bene, Gavina....

Ella non rispose, ma per la prima volta, nonostante la presenza dello zio, le sue labbra non sfuggirono le labbra di Francesco. Pareva volesse inebbriarsi per dimenticare.

— Tutto è finito: il passato non esiste più. Perchè tormentarmi? — pensava. E per giorni e giorni continuò a ripetere fra sè la stessa cosa; ma intanto si dava pensiero per il futuro figlio di Michela, domandandosi che cosa sarebbe accaduto della creatura innocente che ella s’immaginava destinata a tutti i dolori e le umiliazioni del mondo. Perchè Dio permetteva che questo essere infelice nascesse? Era la prima volta che ella domandava a Dio il perchè di un errore umano e il perchè delle conseguenze di questo errore, e invano dava a sè stessa confuse spiegazioni, ripetendosi che i voleri di Dio sono imperscrutabili: si accorgeva che entro di lei, quasi come nelle viscere di Michela, si destava qualche cosa di mostruoso e di sublime nello stesso tempo: la ribellione a Dio. Una sera, mentre stava seduta sotto la quercia, pensò: — e se anch’io perdessi la fede? — e provò un senso di buio, di vuoto, come se all’improvviso la roccia franasse sotto di lei.

Poi si creò dei rimorsi, e per non accusare