Pagina:Sino al confine.djvu/226

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vato uno smeraldo e di non averlo restituito, ma non parlò del suo dramma, nè osò esporre i suoi scrupoli sui suoi rapporti intimi con Francesco! Per la prima volta sentiva la dignità di sè stessa davanti a un estraneo; però la sua confessione le parve incompleta e non osò far la comunione, e invece della solita ebbrezza provò una sorda inquietudine: ai suoi scrupoli religiosi succedeva il dubbio che qualche cosa di anormale si svolgesse in lei. Ripensava a Michela, all’articolo di Francesco e ai discorsi di lui. Un giorno prese un libro e lo lesse di nascosto, come se nella camera attigua vi fossero il canonico Sulis e la signora Zoseppa: era uno studio sui fenomeni isterici e le manìe religiose; poi continuò a leggere libri di scienza, d’antropologia criminale, di sociologia, e sopratutto romanzi. Francesco ne possedeva pochi, ma erano i più belli della letteratura europea. Fu come se ella avesse morso il frutto proibito: tutto un mondo sconosciuto le si aprì davanti e le parve di capire finalmente la vita. Paragonò il suo dramma a quelli che leggeva, lo confuse con essi, sembrandole qualche volta di aver seguito una legge comune! Affacciata alla finestra leggeva e di tanto in tanto guardava i passanti, immaginandosi che ciascuno di loro portasse con sè nascosto il proprio dramma, quasi per un uso comune, come si porta la camicia!