Pagina:Sino al confine.djvu/246

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tava con me.... Ho vinto io! Fratello caro, rassegnati; ho vinto io.... Sedevamo in riva al mare come adesso, ma non faceva tanto freddo.

Ad un tratto gli parve d’essere ancora nella cucina della vedova, sdraiato sulla stuoia. La vecchia filava accanto alla porta; era vestita di nero, con una cuffia di velluto; e le gonne alquanto corte lasciavano vedere le sue gambe grosse e i piedi calzati con scarpette adorne di nappine rosse. Egli fissava il viso di lei, grasso, giallognolo e cascante, la bocca sdegnosa, gli occhietti verdastri maliziosi, e voleva chiamarla con un’espressione tenera e scherzosa, ma non poteva parlare. Mormorava fra sè:

— Lussulja, bianca focaccia mia...

E cando noti ti ido, coro meu,
Su coro mind’istrazzat mariane.1

Ma a un tratto provò un senso di terrore. Una donna apparve nel vano della porta; era la figlia della vedova, vestita in costume e con la testa fasciata da una cuffietta di broccato. Col piede spingeva un cranio, buttandolo verso la stuoja ove egli giaceva. Il volto, serio e pallido, dai grandi occhi in color della nebbia che riempiva l’orizzonte, era quello di Gavina Sulis!

  1. E quando non ti vedo, cuor mio, — Il cuore mi sbrana la volpe.