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te da un malato, perchè aveva preso con sè una scodella di brodo.
— Tu credi che sia andata da Michela? — domandò Gavina.
— È probabile.
Ella uscì nella strada, e guardò di qua e di là, lungo le tre vie che mettevano capo alla piazzetta, in quell’ora calda del pomeriggio perfettamente deserta. Il sole ancora ardente batteva sui tetti del vicinato dei poveri, e un odore d’immondezze bruciate si spandeva nell’aria immobile. Come spinta da una forza superiore alla sua volontà Gavina s’inoltrò nella nota straducola, dove non si vedeva nessuno perchè durante le ore calde i miseri abitanti di quel rione se ne stavano chiusi nelle loro tane come le bestie selvatiche nelle grotte.
Ella camminava guardando per terra e tirandosi su le sottane. La straducola non era selciata; solo qua e là, fra la polvere e le immondizie, le roccie che formavano il sottosuolo di quell'angolo di paese mostravano le loro creste levigate e giallognole, simili a crani di giganti preistorici che facessero forza per sbucare di sotterra.
Allo svolto della straducola Gavina udì un pianto di bimbo e una voce irata di donna, e si fermò ad ascoltare; il bimbo raddoppiò i lamenti che ben presto divennero strazianti, e la donna continuò a percuoterlo e a sua volta raddoppiò le sue grida e le sue bestemmie.