Pagina:Sino al confine.djvu/320

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passi tornò indietro, s’appoggiò alla spalliera della seggiola, e guardò con pietà la disgraziata.

— È inutile! Non si può discutere con te, Michela; come non si può discutere con Luca e.... con altri! È meglio dunque finirla; è meglio che me ne vada. Ma senti, Michela, pensa bene a quello che ora ti dico: io non ti ho fatto del male! Potrei dire, invece, che sei stata tu, a farmi del male; ma....

Allora Michela balzò in piedi rigida e feroce, sghignazzando:

— Oh, poveretta!

— Basta, basta, Michela! — supplicò Gavina sollevando le mani giunte. — Nè io feci del male a te, nè tu ne facesti a me. Il male risale al di là di noi.... Ma ammesso pure che io ti abbia fatto male.... eccomi qui.... son venuta per dirti che se posso.... voglio farti del bene.

— A che serve? Se tu mi hai ucciso non puoi farmi rivivere. Ah!...

Questo «ah» fu come un grido selvaggio di dolore fisico, simile al guaito di certe bestie ferite; e Gavina comprese allora che al paragone di quanto aveva sofferto Michela, i suoi dolori e i suoi rimorsi erano semplici emozioni facili a dimenticarsi. Ella poteva guarire, forse era già guarita: l’altra, come aveva ben detto, era morta, e i morti non risuscitano.

Da quel momento il loro dialogo divenne tra-