Pagina:Sino al confine.djvu/322

Da Wikisource.

— 316 —

chela fissò di nuovo gli occhi minacciosi in quelli di Gavina e riprese:

— Vedi, dunque? E tu hai creduto che egli pensasse a me e ti avesse dimenticato! Ed io mi sono perduta, per te, per lui. Egli pensava a te, dandosi la morte: egli ha pensato sempre a te.... e per questo è finito così!

— Egli doveva finire così! Era il suo destino!

— Era suo destino! I morti son morti.... e i vivi son vivi! — disse Michela, e andò a chiudere la porta, quasi col medesimo gesto con cui Luca aveva chiuso la finestra.

La cameretta rimase illuminata dalla luce triste e ardente della finestruola; e Gavina provò come l’impressione di trovarsi chiusa in un sepolcro di pietra. Era vano battere contro quelle pareti; non si aprirebbero mai: era vano combattere contro i morti; aveva ragione Michela: i morti non risorgono. Tuttavia, sebbene sentisse la sua paura crescere e le sembrasse puerile discutere oltre con un fantasma, ella riprese a bassa voce, con calma quasi funebre:

— Sentimi bene, Michela: sii ragionevole. Tu non devi disperarti così. Ci sono al mondo migliaia e migliaia di donne che si trovano nella tua stessa condizione. Credi tu che si disperino? Ma niente affatto; continuano a vivere, amano ancora, trovano chi le compatisce e le ama. I morti son morti, sì, e i vivi son vivi,