Pagina:Sino al confine.djvu/35

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— Paska, dorme ancora con te, questo marmocchio?

— Itria Sulis! — impose Paska severamente — di’ a tuo nipote che suo padre mi ha ordinato di chiudere la porta.

— Bene, vattene; non voglio storie, io, — disse la zia Itria a Luca.

Egli però non si mosse. Paska se ne andò; ma dalla finestra Gavina sentì che quei giovinastri continuarono a deridere la serva. Il nano proponeva di darla in moglie al «reduce» e la zia Itria canticchiò dei versi in italiano, a proposito di questo matrimonio:

Un bel gobbo ed una gobba
All’età di ottant’anni,
Storpi e pieni di malanni,
Si giuraron fedeltà.... fedeltà.... fedeltà....

Stizzita Gavina chiuse la finestra verso strada e andò a quella verso l’orto.

Lì almeno tutto era fantastico e puro. La luna illuminava le montagne, i cui ultimi profili sembravano nuvole azzurre orlate di madreperla; i grilli stridevano sull’elce, nero ed immobile sullo sfondo luminoso del paesaggio; e persino i cavoli rassomigliavano a strani fiori grigiastri ricamati d’argento. Dalla vegetazione tropicale che circondava il pergolato salivano acute fragranze; e l’odore amarognolo dell’oleandro richiamò alla mente di Gavina il ricordo dei cacciatori appostati fra le macchie della brughiera.