Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/40

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28 giovanni boccaccio.

per gli altri impedimenti avuti se n’era partito. E in ciò il tempo studiosamente spendendo, avvenne che oltre al suo avviso, Arrigo, conte di Luzzinborgo, con volontà e mandato di Clemente papa quinto, il quale allora sedea, fu eletto re de’ Romani, e appresso coronato imperatore. Il quale sentendo Dante della Magna partirsi per soggiogarsi Italia, alla sua maestà in parte ribella, e già con potentissimo braccio tenere Brescia assediata, avvisando lui per molte j’agioni dover essere vincitore; prese speranza colla sua foi-za e dalla sua giustizia di potere in Firenze tornare, come che a lui la sentisse contraria. Perche, ripassate l’alpi, con molti nimici de’ Fiorentini e di lor parte congiuntosi, e con ambascerie e con lettere s’ingegnarono di tirare lo ’mperadore dallo assedio di Brescia, acciò che a Firenze il ponesse, siccome a principal membro de’ suoi nimici; mostrandogli che, superata quella, ninna fatica gli restava, o piccola, ad avere libera e espedita la possessione e il dominio di tutta Italia. E come che a lui e agli altri a ciò tenenti venisse fatto il tràrloci, non ebbe perciò la sua venuta il line da loro avvisato: le resistenzie furono grandissime, e assai maggiori che da loro avvisate non erano; perché, sanza avere ninna notevole cosa operata, lo ’mperadore, partitosi quasi disperato, verso Roma dirizzò il suo cammino. E come che in una parte e in un’altra più cosa facesse, assai ne ordinasse e molte di farne proponesse, ogni cosa ruppe la troppo avacciata morte di lui: per la qual morte generalmente ciascuno che a lui attemleva disperatosi, e massimamente Dante, sanza andare di suo ritorno più avanti cercando, passate l’alpi d’Appennino, se n’andò in Romagna, là dove r ultimo suo di, e che alle sue fatiche dovea por tine, l’aspettava. Era in que’ tenpi signore di Ravenna, famosa e antica città di Romagna, un nobile cavaliere, il cui nome era Guido Novello da Polenta; iì quale avea, i-estituisse. Udì aduniiue quivi e tilosolia e teologia alcun tempo, non senza gran disagio delle cose opportune alla vita. Da questo il tolse una spei’anza presa di potere in casa sua ritornare con la forza d’ Arrigo di Luzzinborgo imperadore. Perché, lasciati gli studij e in Italia tornatosi, e con certi rubelli de’ Fiorentini congiuntosi, con loro insieme con prieghi, con lettere e con ambasciate s’ingegnò di rimuovere il detto Arrigo dallo assedio di Brescia, e conducerlo intorno alla sua città, estimando quella contro a lui non potersi tenere. Ma la riuscita contraria gli fece palese il suo avviso essere stato vano. Assediò Ari’igo la città di Firenze; e ultimamente vana vedendo la stanza, se ne parti, e non dopo molto tempo passando di questa vita, ogni speranza ruppe nel nostro Poeta, il quale in Romagna se ne passò, dove l’ultimo suo di, il quale alle sue fatiche dovea por (ine, l’aspettava. 12. Era in que’ tempi signore di Ravenna, antichissima città di Romagna, un nobile cavaliere, il cui nome era Guido Novello da Polenta, ne’ liberali studij annnaestrato et amatore degh scienziati uomini; il quale udendo

Dante, cui per fama lungamente avanti avea conosciuto, come disperato