Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/59

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giovanni boccaccio. 47

ma nel subietto dico quelle non solamente molto essere diverse, ma ancora avverse in alcuna parte; perciò che il subietto della sacra teologia è la divina verità, quello dell’antica poesi sono gl’iddii de’ gentili e gli uomini. Avverse sono, in quanto la teologia ninna cosa presuppone se non vera; la poesia ne suppone alcune per vere, le quali sono lalsissime ed erronee e contra la cristiana religione. Ma perciò che alcuni dissensati si levano contro i poeti, dicendo loro sconce favole e male a niuna verità consonanti avere composte, e che in altra forma che con ftivole dovevano la loi’ sufficienza dimostrare e a’ mondani dar la loro dottrina, voglio ancora alquanto pili oltra ()rocedere al presente ragionamento. Guardino adunche questi cotali le visioni di Daniello, quelle d’Isaia, quelle di Ezechiello e degli altri del Vecchio Testamento con divina penna discritte, e da Colui mostrate al quale non fu principio né sarà fine. Guardisi ancora nel Nuovo le visioni dell’Evangelista, piene agl’intendenti di mirabile verità; e se niuna poetica favola si truova tanto di lungi dal vero o dal verisimile, quanto nella corteccia appai(jno queste in molte jìarti, concedasi che solamente i poeti abbiano dette favole da non poter dare diletto né frutto. Sanza dire alcuna cosa alla riprensione che fanno de’ poeti, in quanto la lor dottrina in favole ovvero sotto favole hanno mostrata, mi potrei passar; conoscendo che mentre che essi mattamente gli poeti riprendono di ciò, incautamente caggiono in biasimare quello spirito, il quale tendere, e di ciò estimandosi molto reputati migliori, con ampia bocca dannano quello che ancora conosciuto non hanno, cioè le opere de’ poeti et i poeti medesimi, dicendo le lor favole essere opere puerili et a niuna verità consonanti; et oltre a ciò, se essi erano uomini d’altissimo sentimento, in altra maniera, che favoleggiando, dovevano la loro dottrina mostrare. Grande presunzione è quella di molti, volere delle quistioni giudicare prima che abbiano conosciuti i meriti delle parti: ma poi che sofferire si conviene, a questi cotali senza altro martirio confesso, le fìzioni poetiche nella prima faccia avere niuna consonanza col vero. Ma se per questo elle sono da dannare, che diranno costoro delle visioni di Daniello, che di quelle di Ezechiel? che dell’altre del vecchio Testamento, scritte con divina penna ? che di quelle di Giovanni evangelista? Diremo, perciò che somiglianza di vero in assai cose nella corteccia non hanno, sieno, come stoltamente dette, da rifiutare? Noi consentirà mai chi ficcherà gli occhi dello ’ntelletto nella midolla. E questo voglio ancora che basti per risposta alla seconda opposizione a questi giudici senza legge; cioè, che se lo Spirito Santo è da commendare d’avere i suoi alti misterii dato sotto coverta, acciò che le gran cose poste con troppa chiarezza nel cospetto di ogni intelletto non venissono in viiipensione, e che la verità, con fatica e perspicacità d’ingegno tratta di sotto le scrupolose ma ponderose parole, fosse pii’i cara e piti e con piti diletto entrasse nella memoria del trovatore, perche saranno da biasimare i poeti, se sotto favolosi parlari avranno nascosi gli alti effetti della natura, le moralità et i

gloriosi fatti degli uomini, mossi dalle sopradette cagioni ? Certo io noi co-