Pagina:Solerti - Vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, 1904.djvu/80

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68 giovanni boccaccio.

68 GIOVANNI BOCCACCIO. quali i’iia nutricato, iiiuiia altra cosa ne mostra, che 1’ ardente desiderio avuto da lui (come di sopra si dice) della corona laurea; la quale per nulla altro si disidera, se non per dare testimonianza del frutto. Le quali frondi mentre ch’egli più ardentemente disiderava, lui dice che vide cadere; il quale cadere niun’altra cosa fu, se non quel cadimento che tutti facciamo senza levarci, cioè il morire: il quale (se hen si ricorda di ciò che di sopra è detto) gli avvenne quando più la sua laureazione desiderava. Seguentemente dice che di pastore suhitamente il vide divenuto un paone; per lo qiial mutamento assai bene la sua posterità comprendere possiamo, la quale come che nell’altre sue opere stia, sommamente vive nella sua Commedia, la quale, secondo il mio giudicio, ottimamente è conforme al paone, se le proprietà dell’uno e dell’altra si guardei’anno. Il paone tra l’altre sue proprietà, per quello che appaia, ne ha quattro notabili. La prima si è ch’egli ha penna angelica, e in quella ha cento occhi; la seconda si è, ch’egli ha sozzi piedi e tacita andatura; la terza si è, eh’ egli ha voce molto orribile a udire; la quarta e ultima si è, che la carne sua è odorifera e incorruttibile. Queste quattro cose ha in sé la Commedia del nostro poeta pienamente; ma perciò che acconciamente l’ordine posto di quelle non si può seguire, come verranno più in concio or Tuna or l’altra le verrò adattando, e cominceronìrai dall’ultima. Dico che ’l senso della nostra Coìnmedia è simigliante alla carne del paone, perciò che esso, o morale o teologo che tu il di’, a quale parte più del libro ti piace, è semplice ed immutabile verità, la quale non solamente corruzione non può ricevere, ma quanto più si ricerca, maggiore odore della festo ne mostra essere il desiderio della laureazione; però che ogni fatica aspetta pr-emio ed il premio dello avere alcuna cosa poetica composta è l’onore che per la corona dello alloro si riceve. Ma seguita, che cadere il vide quando più a ciò si sforzava: il quale cadere ninna altra cosa fu, se non quel cadimento che tutti facciamo senza levarci, cioè il morire: il che a lui avvenne quando già avea finito quello per che meritamente la laureazione gli seguiva. Seguentemente dicea, che in luogo di lui vide levarsi un paone: ove intender si dee, che dopo alla morte di ciascuno a servare il nome suo appo i futuri surgono l’opere sue. E perciò in luogo d’Alessandro Macedonico, di Juda Maccabeo, di Scipione Affricano, abbiamo le loro vittorie e l’altre magnifiche opere. In luogo d’Aristotile, di Solone, e di Virgilio, abbiamo i loro libri, le loro composizioni, eterne conservatrici de’ nomi e della presenzia loro nel cospetto di que’ che vivono. E cosi in luogo di Dante abbiamo la sua Comedia, la quale ottimamente si può conformare ad un paone. Il paone, secondo cìie comprendere si può, ha queste proprietà: che la sua carne è odorifera e incorruttibile; la sua penna è angelica, et in quella ha cento occhi; li suoi piedi sono sozzi, e tacita l’andatura; et oltre a ciò ha sonora et orribile voce: le quali cose con la Comedia del nostro Poeta ottimamente si convengono. Dico adunque primieramente, che cercando in

assai parti lo intrinseco senso della Comedia, et in assai lo intrinseco e lo