Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/179

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Prefazione clxvii


tava con un ingegnoso acrostico a contemplare gli effetti della lor cecità e ad aprir gli occhi (ibid.):

Omnes Caeca Cupiditas Auri Suffocat, Implicat, Opprimit.
O Caeci Cardinales, Aliquando Sapito, Intelligite, Olfacite.

Nel 36 invece, rappresentando la Religione, per la venuta in Roma di Carlo V dopo la conquista di Tunisi, parlò come un giornale ufficioso de' nostri giorni; benché in altre occasioni non mancasse di ammonire e Carlo e il Re di Francia, che con le loro rivalità desolavano il mondo (pag. 27-29) :

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Ad vos nunc ambos, belli duo fulmina, verter:
     Ambos commoneo, commonet ipse Deus.
Parcite iam fesso, iam fesso parcite mundo.
     Sanguine cessantes commaculare manus.
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Il travestimento in Perseo del 39 si prestò assai bene per continuar la campagna contro il mostruoso sgoverno e il mostruosissimo nipotismo del Farnese. Pasquino stesso se lo fa dire da un poeta barbaro di quel tempo (pag. 30):

O come ben vieni, Pasquin, cagnato di forma.
     O quanto a tempo Perseo fatto sei.
D'empio Meduse vedi Roma, di Gorgon piena:
     Gorgone ch'in sassi mutano l'alme vivo. Ecc.

Ma ai finti versi latini, io preferisco questi veri (pag. 20 e 21):


Ad Pasquillum Perseum.

Gorgonium truncasse caput, tibi gloria parva:
Prosbystoris caudam, gloria maior erit.


Ad eundem.

Papa medusaeum caput est, coma turba Nepotum:
Persou, caodo caput, caesarios periit.