Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/193

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Prefazione clxxxi


zolenti, a segno che gli Heretici (et io lo so di buona parte) ne diffendono a’ loro popoli la lettura, per non corrompere la modestia e l’honestà con tante sporchissime porcherie ch’escono di Roma.„ Al che però, Marforio risponde: "Di gratia, Gobbo, non far tanto il mondanespole con le forchette, perchè noi ci conosciamo assai bene gli uni con gli altri Roma fa le parole, Venetia i fatti.„ (Ibid., par. II, pag. 367.)

Tornando ad Alessandro VII, de’ molti epitaffi che gli si fecero il più spiritoso e men noto è questo (Arch. di Stato di Firenze, filza med. 4610):

ALEXANDER VII PONTIFEX
maximus in minimis
minimus in maximis

Ma il più vero e compiuto, è quest’altro, trovato e pubblicato dal Cantù (Op. e voL cit., pag. 219):

     Papa Alessandro Settimo, sanese
Di casa Chigi, qui sepolto giace,
Che sopra dodici anni e più d’un mese
Mal grado suo, non vide Italia in pace.
     Con finto zelo e con pietà fallace,
Molto al mondo promise e nulla attese.
Disse che i suoi starebbono al paese,
Ma a capo all’anno si trovò mendace.
     Vantò di sollevar lo Stato oppresso,
Disse voler premiar li dotti e buoni.
Far tornar Roma al suo primiero sesso;
     Ma ni uno più di lui senza occasione1
Mille gabelle impose, e niun quant’esso
Distrusse Roma ed ingrandi bricconi.
Un Papa il ciel ci doni,
Che riducendo quel ch’ei disse in atto.
Si guardi poi dal far quel ch’egli ha fatto.

  1. Occasioni? ragioni?