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Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/214

Da Wikisource.
ccii Prefazione


Per il Congresso di Vienna, Pasquino scrisse in romanesco:

A Vienna c’è un bellissimo mercato
E i popoli ce vénneno all’incanto:
E a echi ne compra e che je paga un tanto
Je conzegneno er popolo legato.
E llui in appresso s’arifà su quello
Co’ la tosa, cór latte e ccór macello.

E per la morte di Napoleone I, sentenziò in buon italiano:

               Fu genio onnipotente,
          Fece tremare il mondo;
          Ora è sparito in fondo
          All’abisso del niente!
               Ed è morto di male,
          È morto tal e quale
          Come muore un ciociaro,
          Un Papa e un pifferaro.1

Il 14 novembre 1818, l’abate Cancellieri scriveva da Roma a Sebastiano Ciampi: “Son finite le gran feste„ (tra cui, le solite luminarie), “date al Re di Napoli.... Pasquino ha detto che non occorreva tanta profusione di olio, per condire un broccolo.„ (Autografi della racc. Gonnelli nella Nazionale di Firenze.)

Cominciando da Giovanni Antracino, che curò nell’ultima malattia Adriano VI, e a cui, spirato il Papa, fu posta, come narra il Giovio (Op. cit.), l’epigrafe:

  1. Giovagnoli, Passeggiate Romane; Milano, 1879; pag. 259.