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Prefazione cclxxxiii


Né io consento col Carducci, il quale, pur giudicando “grandissima l’arte e la potenza del Porta e del Belli,„ aggiunge però, che la loro poesia “nega, deride, distrugge.„1 Lasciando stare il Porta, che ha poco o nulla a vedere col Belli, io dico che la poesia di questo, mentre nega, deride e distrugge, afferma anche, e piange e compiange ed edifica: edifica tanto, che ci rappresenta quasi tutta la vita popolare romana dal 1830 al 48, e insieme quella delle classi superiori, come l’una e l’altra erano vedute e concepite e giudicate ed espresse dal popolo stesso, e come non si trovano in nessun altro libro.

Per me, anzi, il lato debole de’ migliori discepoli del Belli, romani e non romani, non è già il venirgli secondi in un’arte inventata quasi di pianta da lui, ma appunto il non aver essi a rappresentare un’altra Roma, caratteristica e interessante come era quella: la città caput mundi e la città de’ quattro p: preti, principi, pu...... e pulci; una vita tragica e comica insieme; e rappresentarla facendovi aleggiare in mezzo, come più o meno vi aleggiava di fatto, l’altissima e santa idea politica della guerra al Papato, e dell’indipendenza e della libertà della patria: idea che mentre guastò (felìx culpa, del resto) molte opere poetiche e di storia e di critica, rende invece anche oggi, senza alterarla altro che in minima parte, tanto più importante l’opera del Belli. La quale (non è ormai avventatezza il predirlo) sarà sempre riguardata come uno de’ più originali e de’ più insigni monumenti letterari di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Roma, 1889.

Luigi Morandi.

Questa edizione contiene i sonetti romaneschi, che il Bolli lasciò, scritti tutti di sua mano, nella cassetta di cui ho parlato qui sopra (pag. ccxliii, ccl), o che sono tutti quelli ch’egli
  1. Prefaz. al Villa Gloria del Passarella; 3a ediz.; Milano, 1887.