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Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/408

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96 Sonetti del 1831


LA DEVOZZIONE DER DIVIN’AMORE.

     Dimenica de llà[1] Rinzo, Panzella,
Io, Roscio e le tre fijje der tintore
Vòrzimo[2] annà a fà un sciàlo[3] in carrettella
4A la Madonna der Divin’Amore.[4]

     Che t’ho da dì, Sgrignàppola? co’ cquella
Solina[5] llà che t’arrostiva er core,
Èccheme aritornà la raganella,[6]
8Ecco arincappellasse[7] er rifreddore.

     Credime, còcca mia,[8] ma dda cristiano
Ce direbbe aresie: ch’è ’na miseria
D’avé a stà sempre co’ ppilucce[9] in mano.

     12Mo er zemplicista me dà ’na materia
Appiccicosa: e un medico brugnano[10]
Lo ssciroppo de radica d’arteria.[11]

Morrovalle, 22 settembre 1831.

  1. La domenica antecedente all’ultima.
  2. Volemmo.
  3. Scialare vale: “sfogarsi in ricreazione.„
  4. Chiesolina campestre [a Castel di Leva, fuori di Porta S. Giovanni], dove in un giorno del mese di..... [giugno] sono i fedeli condotti dalla divozione a bagordo. [Intere famiglie, infatti, si spargono per que’ prati a mangiare la tradizionale porchetta, innaffiandola abbondantemente col vino de li castelli, siccè la sera le sbornie non si contano.]
  5. Sole ardente e non riparato.
  6. Il rauco del catarro. [Il rantolo.]
  7. Rinforzarsi.
  8. Mia ben amata.
  9. [Pentolucce.]
  10. Browniano. [V. la nota 1 del sonetto: Er medico ecc., 24 genn. 33.]
  11. Altea.