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Pagina:Sonetti romaneschi I.djvu/426

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114 Sonetti del 1831


ER PADRE PIETOSO.

     Dàjje anza tu, ffa’ cquer ch’Iddio t’ispira,
Ma ppoi nun te lagnà cquer che ddiventa.
Quanno in casa uno tira e ll’antro allenta,
4Un giorno ha da vienì che sse sospira.

     Povera Nina1 tua tribbola e stenta
Pe’ smorbinallo,2 e ttu jj’attizzi l’ira!
Quanno in casa uno allenta e ll’antro tira,
8Se frigge un bèr pasticcio de pulenta.

     Si un remo scede quanno l’antro incarca,
Doppo fatto un tantin de mulinello
Se va a ffà bbuggiarà ttutta la bbarca.

     12Viè sur passo a Ripetta3 oggi a vedello:
Eppoi di’ a cquer zomaro de la Marca,4
Che cchi cconzijja l’antri abbi sciarvello.

Terni, 30 settembre 1831.

  1. [La povera Caterina. Davanti all’aggettivo povero sopprimono volentieri, come in questo caso, l’articolo.]
  2. Smorbinarlo: levargli di testa i capricci. Da morbino, che, come il veneziano morbin, significa appunto “capriccio.„]
  3. [Il punto del Tevere, al porto di Ripetta, dove non essendoci allora il ponte, si passava sur una barca, pagando un baiocco, un soldo.]
  4. [Asinus de Marca si diceva proverbialmente a Roma, allora assai più che adesso, tanto nel senso proprio, perchè le Marche hanno belle razze di asini, quanto nel metaforico, per ingiuria alla patria di Raffaello, di Leopardi, di Rossini e di tante altre glorie del nome italiano.]