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224 Sonetti del 1831

accadevano.„ Dalle quali parole impariamo pure, che se Pio VIII riproibì, Leone XII non era stato su questo punto ubbidito più di altri suoi predecessori. E per quanto il Moroni aggiunga che "il divieto si estese alle provincie dello Stato pontificio,„ a Terni almeno, patria di Cinicella e che dette sempre i più bravi giostratori, il barbaro divertimento fu in uso fin circa il 1860; e una giostra sulla piazza di Todi, ridotta appositamente ad anfiteatro, la vidi io da bambino, il 25 ottobre 1848; e un’altra, più scherzo che giostra, ce ne vidi l’anno dopo, sotto il Governo repubblicano, quando in mezzo alla piazza fu appeso a una corda un grosso fantoccio rappresentante il Radetzky, che naturalmente venne sbudellato dai tori.]

ER PECCATO D’ADAMO.

     È ttanto chiaro, e ste testacce storte
Nun la sanno capì, che dda cuer pomo
Che in barba nostra se strozzò er prim’omo,
Pe’ ddegreto1 de Ddio nacque la morte;

     E cche llui de l’inferno uprì le porte,
E o granne, o cciuco2, o bbirbo, o ggalantomo,
Ce fesce riggistrà ttutti in un tomo,
Ce fesce distinà ttutt’una sorte!

     Perché pperché! se sturino l’orecchie,
Viénghino a ffalla loro un’antra lègge3
Sti correttori de le stampe vecchie.4

     Perché pperché! bbèr dì dda ggiacobbino!
Er libbro der perché, cchi lo vò llegge,
Sta a ccovà ssott’ar culo de Pasquino.5

26 novembre 1831.

  1. Decreto.
  2. [Piccolo.]
  3. I Romaneschi pronunciano legge colla e larga.
  4. Proverbio.
  5. Proverbio. Pasquino è chiamata una statua antica mutilata di gambe e braccia, creduta di Patroclo, che addossata ora al Palazzo Braschi dà il proprio nome a una piazza di Roma. [La vera forma del proverbio è questa: Er libbro der perchè sta sott’ar culo de Pasquino. — Fino a non molti anni fa, era assai popolare un opuscoletto anonimo, che pretendeva appunto di essere Il gran Libro del Perchè, recentemente trovato sotto la statua di Pasquino a Roma, e che non deve confondersi con qualche altro Libro del Perchè, registrato dai bibliografi. Questo, che mi pare sfuggito a tutti, è un Dialogo, o meglio una serie di domande e risposte, fra un antichissimo Dottore Greco ed un Giovane Romano Studente in Atene; e qua e là non manca di argutezza. Ne ho sottocchio un’edizione del 1827, Roma, presso Giunchi e Mordacchini; ma ne ho visto citata un’altra di Roma anch’essa, del 1791, e suppongo che sia la prima, o almeno una delle prime, poichè il lavoretto ha tutta l’aria d’essere stato composto in quel tempo. Eccone un saggio. “Perchè,„ domanda lo Studente, “gli animali più mansueti ed utili si mangiano; ed i più tristi e nocivi si lasciano in pace?„ “Perchè,„ risponde il Dottore, “gli uomini fanno cogli animali quello che fanno per l’ordinario fra di loro.„ — “Perchè tutti quelli, i quali aspirano a qualche carica nella Repubblica, fanno la corte alle Signore?„ “Perchè questa è la strada più facile e più sicura di ottenere quello che bramano.„ — “Perchè vi sono tante ragazze da maritare, e tanti pochi giovani, che le cercano?„ “Dopo che le donne hanno cominciato a cercare gli uomini, gli uomini hanno cessato di cercare le donne.„ — “Perchè si vedono tanti virtuosi miserabili, e tanti ignoranti fortunati?„ — “In primo luogo, perchè la fortuna è donna; in secondo luogo, perchè è matta; in terzo luogo, perchè è cieca. Finalmente, perchè gl’ignoranti, che sanno di non meritar fortuna, la cercano, e chi cerca, trova. Al contrario i virtuosi, che sanno di meritarla, l’aspettano senza cercarla.„ — “Perchè tutti si lamentano di non poter trovare un vero amico?„ “Perchè nessuno lo è veramente riguardo agli altri.„ — “Perchè un cuoco, un musico, un comico, un parrucchiere sono meglio pagati, o più accarezzati di un uomo dotto?„ “Perchè questo giova, e quelli dilettano.„ — “Perchè i Tedeschi amano tanto il vino?„ “Perche lo trovano migliore dell’acqua.„]