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Sonetti del 1832 | 113 |
ER GALANTOMO.
Nun ce vò mmica tanto pe’ ssapello,1
Si ssei un galantomo o un birbaccione.
Senti messa? sei scritto a le missione?2
Cuann’è vviggijja, magni er tarantello?3
A le Madonne je cacci er cappello?
Vòi bbene ar Papa? fai le devozzione?4
Si ttrovi crosce5 ar muro in d’un portone,
Le scompisci, o arinfòderi l’u......?
Dichi er zottumprisidio6 cuanno t’arzi?
Tienghi in zaccoccia er zegno der cristiano?7
Fai mai la Scala-santa8 a ppiedi scarzi?
Tienghi l’acquasantiera accapalletto?9
Duncue sei galantomo, e ha’ tant’in mano
Da fà ppuro abbozzà10 Ddio bbenedetto.
Terni, 11 novembre 1832.
- ↑ [L'autografo ha: pe' ccapillo. Ma è evidentemente una svista.]
- ↑ È in Roma una fratellanza addetta alla predicazione per le pubbliche vie, e per le chiese.
- ↑ [Salume fattoFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte della pancia del tonno, e quindi più pregiato della tonnina, che è fatta della schiena del medesimo pesce.]
- ↑ Frequenti i sagramenti.
- ↑ Croci. È uso di molti che per salvare da lordure l’interno de’ loro portoni, vi traccino sui muri delle croci, che rispettate o no mal convengono al luogo e al fine. [Quest’usanza, che oggi va scomparendo, è una delle tante eredità pagane accettate dal Cristianesimo; poichè i Romani solevano per lo stesso fine dipinger sui muri figure di serpenti, come simbolo del genius loci, e ordinariamente con un altare nel mezzo. In uno de’ corridoi che conducono alle terme di Traiano a Roma, c’è appunto dipinto a fresco un altare con due serpenti diritti a’ lati, e sotto la seguente iscrizione: Io- vem et Iunonem et duodecim deos iratos habeat quisquis hic minxerit aut cacarit.]
- ↑ [Sub tuum praesidium, antifona che precede il rosario.]
- ↑ La corona del rosario.
- ↑ Scala creduta del pretorio di Pilato, che si sale in Roma colle ginocchia.
- ↑ A capo al letto.
- ↑ Tacere [ma a proprio dispetto].