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Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu/184

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174 Sonetti del 1832

LA BBONIFISCENZA.

     Sussidj dar Curato?! eh, Nanna!, penza
Che cquanno sciannò1 jjeri mi’ marito
A ppiagne, cuer cristiano imbastardito,
Cuer corpaccio satollo ebbe cuscenza

     D’arisponneje: “Hai letto l’indurgenza,
Fijjo, ch’2er Zanto Padre scià3 arricchito
Chi ppentito, contrito e cconvertito
Diggiunerà pe’ ssanta penitenza?„

     Ma nun zo’ ccose da svejjatte er vommito?
Da pijjà un’arma, e a st’anime de cane
Fajje, pe’ ccristo, mozzicasse er gommito?4

     Duncue, cuanno la sera a nnoi sce5 tocca
Sentì li fijji a ddomannacce6 er pane,
Che7 jje mettemo, un’indurgenza, in bocca?

Roma, 30 novembre 1832.

  1. Ci andò.
  2. [Con la quale.]
  3. Ci ha.
  4. Fare altrui mordersi il gomito, vale: “prendere vendetta, farlo per dolore, prorompere in crudeli e difficili atti contro se stesso.„
  5. Ci.
  6. Dimandarci.
  7. Cosa. Pronunziata con vigore.