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Sonetti del 1832 211

menti nelle Giustizie a Roma dell’Ademollo. Ecco, per esempio, un brano d’una lettera d’Avvisi, del 28 luglio 1701: “Avendo permesso Sua Santità alla Compagnia di S. Giovanni decollato della Nazione fiorentina l’osservanza al privilegio di liberare un reo dalla forca, Domenica mattina fu veduta processionalmente et in gran numero portarsi alle carceri a ricevere la gratia del Prigione, quale vestito di porpora con corona di lauro in capo fu condotto alla chiesa suddetta, ove fatte le debite cerimonie di ringratiamento a Dio, lo banchettò per tre giorni; doppo di che fu licentiato con il solito regalo di quel luogo Pio.„]


ER RIFUGGIO

     A le curte, te vòi sbrigà d’Aggnesa
Senza er risico tuo? Bbe’, ttu pprocura
D’ammazzalla viscino a cquarche cchiesa:
Poi scappa drento, e nnun avé ppavura.

     In zarvo che tu ssei doppo l’impresa,
Freghete der mannato de cattura;
Ché a cchi tte facci l’ombra de l’offesa
Una bbona scommunica è ssicura.

     Lassa fà: staccheranno la liscenza:
Ma ppe’ la grolia der timor de Ddio
C’è ssempre cuarche pprete che cce penza.

     Tu nun ze’ un borzarolo né un giudio,
Ma un cristiano c’ha pperzo la pascenza:
Duncue, tu mmena, curri in chiesa, e addio.


Roma, 5 dicembre 1832