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Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu/264

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254 Sonetti del 1832

UNA CASATA

     Cristoggesummaria, cch’antro accidente!1
Séte una gran famijja de bbruttoni.
E nnun méttete in pena ch’io cojjoni,2
Perchè pparleno tutti istessamente.

     Dar grugno de tu’ padre a li meloni,
Cuelli mosini,3 nun ce curre ggnente:
E ar vedé mmamma tua, strilla la ggente:
“Monaccallà, ssò ffatti li bbottoni?„4

     Tu, senza naso, pari er Babbuino:5
Tu’ fratello è er ritratto de Marforio,6
E cquell’antro è un po’ ppeggio de Pasquino.7
     Tu e Mmadama Lugrezzia,8 a sti prodiggi,
V’amanca de fà cchirico Grigorio,
Pe’ mmette ar mucchio9 l’Abbate Luiggi.10

Roma, 17 dicembre 1832

  1. Che altra brutta figura!
  2. Burli.
  3. Melone mosino è detto in Roma il popone di sua razza bernoccoluto e di color verde e giallo.
  4. Parole con le quali si burlano le ebree rattoppatrici di robe vecchie.
  5. Statua di satiro giacente, la quale, dal nome che oggi gli si dà a cagione della deformità contratta dal tempo, fa egualmente chiamare via del Babuino la vecchia Strada Paolina, aperta già da Paolo III nella quale si trova sopra una fontana.
  6. Statua colossale dell’Oceano, esistente in oggi nel cortile del Museo Capitolino, e situata anticamente presso il Foro di Marte (o di Augusto), e però detta volgarmente Marforio, come via di Marforio si chiama la brutta contrada che corre tra le falde del Monte Capitolino e il sito del detto Foro di Marte. Il popolo tiene Marforio per un soggetto ridicolo, e lo si fa interlocutore nelle così dette «pasquinate» o satire pubbliche, per le quali un tempo i Romani avevano spirito e rinomanza.
  7. Frammento di statua o di gruppo rappresentante Menelao che sostiene il cadavere di Patroclo. Fu trovata lì presso (piazza Pasquino) al principiare del secolo XVI, vicino alla bottega di un sarto, morto poco innanzi, il quale era di spirito molto satirico e aveva nome Pasquino. Esposta appena la dissotterrata statua alla vista del popolo, fu tosto da lui chiamata Pasquino e divenne il luogo d’affissione delle satire pubbliche, dette perciò fin d’allora «pasquinate».
  8. Frammento di colosso dalla cinta in su, ma privo di braccia e di naso. Dal costume egiziano del pallio aggruppato in un sol nodo sul petto, argomenta il Winckelmann poter questo simulacro avere rappresentato una Iside. [Questa nota non è nell’autografo del sonetto, ma in un pezzettino di carta, che insieme con altri ho trovato in una busta, sulla quale sta scritto: “Varianti e note per alcuni sonetti già fatti e ricopiati.„]
  9. Per unire alla massa, agli altri.
  10. [Altro avanzo di statua, che nelle satire popolari fa spesso, come Marforio e Madama Lucrezia, da pertichino a Pasquino. V. la Prefazione. — S'intende che Madama Lugrezia è la moglie del disgraziato preso di mira nel sonetto, e Grigorto è il figliolo.]