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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/149

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Sonetti del 1834 139


L’ANIMA BBONA

     Quello?! Ma ppropio lui?! Jèso,1 che ssento!
Io casco dalle nuvole, Terresa.
Quer vecchietto che stava sempre in chiesa,
Inginocchione avanti ar Zagramento?!

     Un quartino,2 a una scatola che ppesa
Quattr’onc’e mmezz’e ppiù dde sol argento!
Ggnente de meno ch’er mille pe ccento!
Oh questa mo è la prima che ss’è intesa.

     Fregheli, che assassini che sse dànno!3
Fà ste lusùre,4 e ppoi maggnasse5 er peggno
L’istesso ggiorno che ffinissce l’anno!

     Uh ffuss’io Papa! a st’animacce porche
Je vorebbe imparà ssi dde6 che lleggno
Se frabbica7 la scala de le forche.

10 gennaio 1834

  1. Gesù. [Ma questa forma più latina l’usano solo, come qui, per esclamazione. In tutti gli altri casi, dicono Gesù.]
  2. Il quartino era moneta d’oro del valore di cinque paoli [cioè, mezzo scudo: poco più di due lire e mezzo delle nostre], e si chiamava così pel suo rappresentare la quarta parte di uno zecchino romano. In oggi non n’è restato che il nome nel volgo, il quale ignorandone pure l’antica reale esistenza, intende di esprimere con esso puramente un valor convenzionale di baj. 50.
  3. [che si trovano.]
  4. Fare queste usure.
  5. Mangiarsi.
  6. Gli vorrei insegnare se di che ecc.
  7. Si fabbrica.