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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/167

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Sonetti del 1834 157


ER 28 SETTEMBRE.1

     Bbe’, mmettémo2 che ssia; dimo,3 Vincenza,
Che li Francesi avéssino4 raggione.
Famo caso,5 si vvòi, che Nnapujjone
Cqua cce potessi addomminà6 in cusscenza.

     Che ccosa ne vierìa7 pe’ cconzeguenza?
Ch’oggi nun ze farìa8 Papa Leone,
E a li sordati pe’ sparà er cannone,
Nun je darìa9 ggnisuno l’indurgenza.

     Poi, che disse a l’apostolo er Messia?
“Voi séte Pietro, e ssu sta pietra sola
Ce vojjo dificà10 la Cchiesa mia.„11

     E nnun ce vò che ’na testa de leggno,
Pe’ nnun capì cche ssotto la parola
De quella Cchiesa s’ha da intenne12 er Reggno.

26 gennaio 1834.

  1. 1823. [Giorno dell’elezione di Leone XII.]
  2. Mettiamo.
  3. Diciamo.
  4. Avessero.
  5. Facciamo caso: supponiamo.
  6. Dominare.
  7. Verrebbe.
  8. Farebbe.
  9. Darebbe.
  10. Edificare.
  11. [“Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam.„] Queste memorabili parole, scritte nell’interno della cupola di S. Pietro sono rivocate in dubbio da qualche incredulo, sul nudo e solo motivo che nella lingua ebraica, o altra (fuori della latina o italiana) che avesse parlato Gesù Cristo, manca il fondamento anfibologico della omofonia tra Petrus e petra. Ma forse Gesù Cristo parlò a san Pietro in latino, poichè intendeva fondare una Chiesa latina. In questo caso però la Chiesa greca non fu fondata da Cristo.
  12. Intendere.