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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/312

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302 Sonetti del 1834


SE MORE1

     Nun zapete2 chi è mmorto stammatina?
È mmorto Repisscitto,3 er mi’ somaro.
Povera bbestia, ch’era tanto caro
Da potecce4 annà in groppa una reggina.

     L’ariportavo via dar mulinaro
Co ttre sacchi-da-rubbio de farina,
E ggià mm’aveva fatte una diescina
De cascate, perch’era scipollaro.5

     J’avevo detto: nun me fa6 la sesta;
Ma llui la vorze fà,7 pporco futtuto;
E io je diede8 una stangata in testa.

     Lui fesce allora come uno stranuto,9
Stirò le scianche,10 e tterminòla festa.
Poverello! m’è ppropio dispiasciuto.

20 aprile 1834

  1. Si muore.
  2. Non sapete.
  3. Repiscitto, o ripiscitto, è l’ordinario soprannome che si dà ai villanelli.
  4. Da poterci.
  5. Cipollaro: aggiunto di cavallo o di asino che abbia vizio d’inciampare.
  6. Non mi fare.
  7. La volle fare.
  8. Gli diedi.
  9. Starnuto.
  10. Le gambe.