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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/337

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Sonetti del 1834 327


ER PESSCIVÉNNOLO.[1]

     Un lustrino[2] li scèfoli?! Un grossetto[2]
Li merluzzi in ste razze[3] de ggiornate?!
Attaccatesce er voto,[4] sor pivetto,[5]
Che vvoi, questi che cqui, nnu’ li c......

     Oh ffàteme er zervizzio, annate in Ghetto
A ccontrattà cco’ li par vostri, annate;[6]
E cquanno avete er borzellino agretto,
Scerte grazzie-de-ddio nu’ le guardate.

     Puzza?! Ve puzzerà un tantino er cu...
Lo sapete pe’ vvoi quello c’odora?
Un frittarello de c..... de mulo.

     Guardate si[7] cche stommichi da pessce!
Maggnate la pulenta; e ccusì allora
Vederete ch’er pranzo v’arïesce.[8]

25 aprile 1834.

  1. Il pescivende. [Sic. V. l’ultima nota del sonetto: L’età ecc., 14 marzo 34.]
  2. 2,0 2,1 Lustrino, grossetto, grosso: moneta d’argento da cinque baiocchi.
  3. In queste specie.
  4. Attaccateci il voto. Attaccare il voto per checchessia, vale: “avere avuto alcunchè una volta come per miracolo, da non più potersi ottenere.„
  5. Pivetto, nome di scherno che si dà a’ garzonetti.
  6. Andate.
  7. Se.
  8. Vi riesce.