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| 412 | Sonetti del 1834 |
LA RILIGGIONE SPIEGATA E INDIFESA.[1]
S’io fussi prete o ffrate, e avessi vosce
Deggna de fà ddu’ strilli a le missione,
E de sputamme un’ala de pormone
In onor de la grolia de la Crosce,
Sfodererìa[2] ’na predica ferosce
Pe’ spiegà cche la Santa Riliggione
Se pò[3] arissomijjalla a un tavolone
De sceraso, de mògheno[4] o de nosce.
Tutto sta avé bbon stommico[5] e bbon braccio
Da maneggiajje la pianozza[6] addosso
E ddajje er lustro a fforza de turaccio.[7]
E siccome a le vorte pò ssuccede[8]
D’imbatte[9] in quarche nnodo un po’ ppiù ggrosso,
Sciarimèdia[10] lo stucco de la fede.
11 ottobre 1834.
- ↑ Abbiamo qui un secondo Alessandro Tassoni, mutatis mutandis. [Intende dire Alessandro Maria Tassoni, nato in Collalto nel 1749, morto in Roma nel 1818, e autore dell’opera: La Religione spiegata e difesa.]
- ↑ Sfodererei.
- ↑ Si può.
- ↑ Il legno mahogoni, che da qualche nostro concittadino ho udito chiamare anche Morghen, facendolo parente del famoso calcografo.
- ↑ [Stomaco, in senso di "forza.„]
- ↑ Pialla.
- ↑ [Quel guancialino con cui i falegnami lustrano i mobili. Piumacciòlo, in Toscana. Manca in questo senso ai vocabolari comuni, e anche al Rigutini-Fanfani.]
- ↑ [A le volte può] succedere.
- ↑ D’imbattere: [d’intoppare].
- ↑ Ci rimedia.