Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/62

Da Wikisource.
52 Sonetti del 1833


LA PISIDA.

     Don Diego aveva preso ar Pellegrino,1
Du’ anni fa, una pisida d’argento,
Senza che ll’argentiere in pagamento
Je potessi scarpì2 mmezzo cuadrino.

     Lui je tastava er porzo3 oggni momento;
E ppe’ nnun dajje prausa,4 annava inzino
A rrèggeje5 in parrocchia l’ombrellino
Cuanno che straportava6 er zagramento.

     E ddon Diègo? Arrotava.7 Arfine in fretta
Serrò jjeri er cibborio der Ziggnone,
E sse messe8 in zaccoccia la chiavetta.

     Ito in bottega poi der creditore,
Je disse: “Aló, ffinìmo9 sta scoletta:10
Èccheve11 carcerato e debbitore.„

Roma, 13 maggio 1833.

  1. Contrada degli orafi.
  2. Carpire.
  3. Tastare il polso: chiedere danari.
  4. Per non dargli pausa.
  5. Reggergli.
  6. Trasportava.
  7. Arrotare: cioè, i denti: arrovellare.
  8. Mise.
  9. Finiamo.
  10. Abitudine petulante.
  11. Eccovi.