Vai al contenuto

Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu/182

Da Wikisource.
172 Sonetti del 1835

ER PADRACCIO.1

     Vestì2 li fiijj? lui! Santa pascenza!3
Che cc’entra lui co’ li carzoni rotti?
A llui j’abbasta d’annà a li ridotti
A ggiucà a zzecchinetto;4 ecco a cche ppenza.

     Ebbè, cquanno ho strillato? me dà udienza
Com’er Papa dà rretta a li sciarlòtti.5
Bbisoggna che l’abbìla6 io me l’iggnótti;7
Nun c’è antro da fà, ssora Vincenza.

     Tutto er mi’ studio è ppregà Iddio che vvinchi.8
No cch’allora sce9 speri quarch’ajjuto,
Ma ppe’ avé mmeno carci in ne li stinchi.

     Quela bbestiaccia io la conosco ar pelo;
E quanno torna a ccasa ch’ha pperduto,
Sora Vincenza mia, òprete scelo!10

14 aprile 1835.

  1. Vestire. [Ma nel senso di “provvedere, pagare le vesti,„ il quale è usatissimo anche in Toscana, benchè manchi ai vocabolari comuni, compreso il Rigutini-Fanfani.]
  2. Vestire.
  3. Santa pazienza.
  4. [Toppa.]
  5. Ciarlòtti, specie di uccelli. Questo è un proverbio popolare.
  6. La bile.
  7. Me la inghiottisca, me la inghiotta.
  8. Vinca.
  9. Ci.
  10. Apriti cielo!, cioè: “che rovina!, che inferno!„ ecc.