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Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu/275

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Sonetti del 1835 265

LE CREANZE A TTAVOLA.

     Su er barbozzo[1] dar piatto. Uh cche ccapoccia![2]
Madonna mia, teneteme le mane.
Sora golaccia, aló,[3] mmaggnàmo er pane,
Presto, e ar cascio[4] raschiàmoje la coccia.[5]

     E adesso che pprotenni[6] co’ sta bboccia?[7]
De pijjà ’na zzarlacca?[8] Er ciurlo[9] cane!
Se n’è strozzate[10] du’ fujjette sane,[11]
E mmo sse vò[12] assciugà ll’urtima goccia!

     Bbe’, ssi[13] avete ppiù ssete sc’è la bbrocca.
Ggiù er bicchiere, e iggnottite[14] quer boccone,
Ché nun ze[15] bbeve cór boccone in bocca.

     Eh cciàncica,[16] te pijji una saetta!
Nun inciaffà,[17] ingordaccio bbuggiarone...
E la sarvietta?[18] porco; e la sarvietta?

31 agosto 1835.

  1. Il mento.
  2. Che testa [dura che sei!]
  3. Andiamo, presto. [Dall’allons de’ Francesi; e il Belli avverte in più luoghi che deve pronunziarsi con l’o stretto.]
  4. Al cacio.
  5. Raschiamogli la scorza, [la corteccia].
  6. Che pretendi.
  7. Caraffa.
  8. Di pigliare una imbriacatura.
  9. Imbriaco.
  10. Se n’è ingoiato.
  11. [Due fogliette intere. La foglietta contenevo poco più di mezzo litro.]
  12. Ed ora si vuole.
  13. Se.
  14. Inghiottite.
  15. Non si.
  16. Mastica.
  17. Non aggiungere boccone a boccone.
  18. Salvietta. [V. la nota 4 del sonetto: La lavannàra, 30 genn. 35.]