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Sonetti del 1836 405


     Basti il senno miglior ch’è di te preso.
Tu dall’altezza tua gli altri dispetta,
Caro sorriso dell’eterno Amore.

     Il Sol così, da rei selvaggi offeso,
Sui lor capi trapassa, e fa vendetta
Con torrenti di vampe e di splendore.1

L'EDITTO SU LE FESTE.2

1.

     Hai ’nteso che ccarezze hanno intimato
A cchi opre bbottega in ne le feste?
Caristie, guerre, terremoti, peste,
E antre3 a ggenio suo der Vicariato.4

     O cchiese o spezziarie: fora de queste
Drento Roma ha da stà ttutto serrato.
Guai chi sse move!5 guai chi ppijja fiato!
Guai chi pporta un zomaro co’ le sceste!6

     E nnò mmuli, e nnò bbovi, e nnò mmajali...
Inzomma a ’ggni paràfrico7 sc’è scritto
Quarche ccosa de bbestie o dd’animali.

     Vedi un po’ ssi8 de bbestie è nnescessario
De parlanne9 sei vorte10 in un editto,11
E ssette co’ la firma der Vicario!

21 febbraio 1836


  1. È noto il costume di alcuni barbari della zona torrida, che maledicono e saettano il Sole.]
  2. Editto sull'osservanza delle feste, pubblicato dal Cardinale C. Carlo del principi Odescalchi (Vicario di Gregorio XVI) il 18 febbraio 1836, e ritirato il dì 20, secondo il consueto stile del Goventuo pontificio. Questo editto, farà epoca per la sua singolarità, e resterà famoso non meno che l’altro celebre emanato nel 1831 dal cardinale Tommaso Bernetti, Se-gretario di Stato dello stesso Pontefice, contro i ribelli [V. la nota 4 del sonetto: Uno mejjo dell'antro, 27 genn. 32, e la nota 6 del sonetto: Er governo ecc., 5 apr. 34], e come il celeberrimo del cardinale Antonio Pallotta, Legato a latere di Leone XII, per la estirpazione de’ malviventi nella provincia di Marittima e Campagna. [V. la nota 29 del sonetto: Li Cardinali ecc., 20 apr. 35.] Anzi, circa la faccenda de’ flagelli, ora meritati ora immeritati da questa Santa Città, è bene di confrontare le parole del nostro odierno editto sulle feste e di quella dell’anno 1835 sul cholera. [Dell'editto sul colera io non son riuscito a trovare altro che un sunto datone dal Diario di Roma del 5 agosto 1835, e nel quale, tra le altre cose, è detto che il Cardinal Vicario esorta "i Fedeli di questa metropoli a riconoscere nel morbo che aggirasi per l'Europa un flagello della divina giustizia irritata dai nostri peccati.. Nell' Archivio di Stato ho bensi trovato l'editto sulle feste, ed eccone per saggio i primi periodi: "Roma la Santa Città, quella a cui ragionevolmente volgon lo sguardo le straniere nazioni per conoscere, ed imparare il culto Religioso, che devesi al sommo Iddio, Roma, con sorpresa di tutti, profana le Solennità del Signore. Eppure Roma fu sempre distinta dalla bontà del Padre delle misericordie, e quando l'Angelo delle vendette percuote la terra, all' appressarsi alle mura di questa Citta Santa s'arresta, e nasconde il flagello. Roma dunque vorrà sempre esser distinta da Dio nella Clemenza, ed essa non solo non vorrà distinguersi nel tributargli onore, almeno ne' giorni festivi, ma di questo onore dimentica vorrà rendersi oggetto di derisione ai suoi nemici: Venerunt hostes ejus et deriserunt Sabbatha ejus? (Thren., I, c. 7.).„]
  3. Ed altre.
  4. [“Carestie, guerre, sconfitte, saccheggi, e pestilenze sono i castighi.... chiaramente preparati contro i violatori, e profanatori del giorno Santo.„ Editto cit.
  5. Chi si muove. [L'editto infatti proibisce “ogni lavoro sia in Città, che in Campagna„ e anche “nell'interno delle case,„ con questa comminatoria: “qualunque più piccola trasgressione sarà punita la prima volta con la multa di scudi venticinque, della quale una quarta parte sarà data in premio alla forza, o al delatore, che sarà tenuto occulto„ ecc.]
  6. Un somaro colle ceste.
  7. Ad ogni paragrafo.
  8. Or vedi se.
  9. Di parlarne.
  10. Sei volte.
  11. [La parola bestie ci si incontra realmente sei volte, cioè: due nel primo paragrafo della prima parte; e due nel nono e altre due nel tredicesimo della seconda.]