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| Sonetti del 1835 | 89 |
LI VECCHI.
Ecco cosa vò ddì[1] ll’èssese[2] avvezzi
A ddisprezzà l’età: sse[3] va, sse svicola,
E vviè la vorta poi che sse pericola
E sse[4] sconteno tutti li disprezzi.
Pe’ nnun volé er bastone, oggi er zor Ghezzi,
Propio a le colonnette de Pubbricola,[5]
È ccascato e ss’è rrotta una gravicola[6]
E la nosce der collo in cento pezzi.
La coccia[7] de li vecchi è una gran coccia.
Vònno fà a mmodo lòro: e Iddio ne guardi
Conzijjalli![8] ve pijjeno in zaccoccia.[9]
Sospettosi, lunatichi, testardi,
Pieni de fernesie[10] ne la capoccia,[11]
E spinosi, per dio, ppiù de li cardi.
17 gennaio 1835.
- ↑ Vuol dire.
- ↑ L’essersi.
- ↑ Si.
- ↑ Si.
- ↑ Del Palazzo Publicola.
- ↑ Clavicola.
- ↑ Caparbietà. [Ma propriamente coccia, dal lat. coclea, è il guscio della chiocciola: donde poi si trasporta a significare la testa; e poi ancora, come qui, la caparbieta. E coma da testa, abbiamo testardo, così da coccia, cocciuto, che è comune anche al fiorentino, benchè questo o non ha mai avuoto o non ha più coccia, ne’ sopraddetti sensi.]
- ↑ Consigliarti.
- ↑ Vi pigliano in uggia.
- ↑ Frenesie.
- ↑ Testa.