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Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu/123

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Sonetti del 1837 113

questa: Chi pecora se fa, er lupo se la maggna.]      12 Dunque diamo addosso.      13 I rioni; [dove abita il basso popolo che aveva già tumultuato parecchie volte per il caro de’ viveri].      14 Il comodo sistema. [Di ottener tutto con la violenza. — V. specialmente la nota 3 del cit. sonetto, 24 maggio 37.]      15 [La libbra, si sottintende. Mezzo grosso: due baiocchi e mezzo, cioè circa tredici centesimi dei nostri.]      16 A due quattrini la foglietta [che conteneva poco più di mezzo litro]. Il quattrino è 1/5 di baiocco.


UN BÈR QUADRO A SGUAZZO.1

     Quanno vojjate vede2 un quadro raro,
Màa! un quadro propio a cciccio,3 sor Cammillo,
Lei se ne vadi ar vicolo der Grillo
Nummero trentasei sur zaponaro.4

     Bbe’, llì cc’è ar muro un purgatorio chiaro
Dipinto color d’ostia da siggillo;5
E ttramezzo a le fiamme e a lo sfavillo,
Che ppare una fuscina de chiavaro,

     Ce so’6 ott’anime sante, e ssopr’ a cquelle
Du’ angeli coll’abbiti de festa,
Che vvòteno du’ gran brocche de stelle.

     Sì, stelle, stelle, sì, pparlo sur zerio;
E ddu’ bbrocche de stelle su la testa,
Dico, ve pare poco arifriggerio?

31 maggio 1837.


  1. A guazzo.
  2. Vedere.
  3. Perfetto. Equivale al comme il faut de’ francesi.
  4. Sul [sopra il] saponaio.
  5. [Le ostie con cui allora, non usandosi buste, si sigillavano comunemente le lettere, erano di vari colori come adesso. Qui dunque pare che il Belli boglia dire: “sbiadito, smorto.„]
  6. Ci sono.