Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu/15

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Sonetti del 1836 5

30, fatto dire a Niccolò imperatore: Noi entreremo in Varsavia, dovesse il sangue giungerci fino alle ginocchia. E mantenne la parola.... Si lasciò il Papa vincere e trarre nel laccio che con insigne mala fede gli era stato teso; onde nel giugno 1832 diresse ai vescovi della Polonia una lettera, in cui qualificata opera di abbietti settari e di perfidi sovvertitori della comunanza sociale, la generosa impresa della rivendicazione della propria nazionalità, rammentava i doveri della soggezione alle autorità costituite, e gli esortava ad inculcare al clero ed al popolo la subordinazione, facendo presente il peccato in cui incorrevano coloro che alle potestà legittime resistessero.... Gioì lo Czar del successo ottenuto, e si affrettò a render nota ai vescovi ed al popolo polacco la parola autorevole del Santo Padre, la quale fu amara per essi, che non si sentivano meritevoli di tanto biasimo... E con loro si dolsero i più liberi popoli d’Europa, che non comprendevano le ragioni di tante compiacenze della Santa Sede verso il conculcatore della fede cattolica nel suo impero.„ Poggi, Storia d’Italia dal 1814 al dì 8 agosto 1846; Firenze, 1883; vol. II, pag. 208-11. — A questo stesso proposito, Terenzio Mamiani, nel secondo inno alla Chiesa primitiva, cantava allora di Papa Gregorio:

. . . . . . . . . . Al piè gli han trascinata
Una esangue virago, e “Anatemizza,„
Gridan, “costei che in riva al Boristene
Percosse le scismatiche bandiere;
Anatemizza!„ e quegli (angeli eterni,
E il sostenete voi?), quegli, palpata
La gran ferita che le solca il petto.
Al cadavere insulta e il maledice.]

     7 Olivetani.      8 A sbacchettare.      9 Pro germanica lingua.