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Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu/203

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Sonetti del 1843 193

presso Piazza di Spagna. Si chiamava anche Teatro delle Dame, ed era il più vasto e il più brutto di Roma. Fu distrutto da un incendio il 15 febbraio 1863.]      3 [Non sanno di nulla.]

ER FRUTTAROLO E L’ABBATE.

     Ma, ddit’un po’, cce séte o mme sce fate?1
E st’assaggi ve serveno oggni sera?
Mo una bbruggna,2 mo un fico, mo una pera,
Mo cquattro vaga d’ua,3 mo ddu’ patate...

     Volévio4 crompà er banco e cquanto sc’era,
E ttratanto è da un mese ch’assaggiate!
A cche ggioco ggiucamo, eh sor abbate!
Questo se chiama un cojjonà la fiera.5

     A mmé la robba, me costa quadrini,
E io nun crompo er pizzutello e ll’ua6
Pe’ rrifacce la bbocca a l’abbatini.

     È ora de finilla, fratèr caro;
E ccasomai ve bbatte er trentadua,7
Sfamateve de torzi ar monnezzaro.8

11 luglio 1843.

  1. [“Ci siete o mi ci fate.„ Si sottintende: tonto, minchione e simili.]
  2. [Prugna.]
  3. [Chicchi d’uva. — Vago, vaga: baco, bachi.]
  4. [Volevate.]
  5. [Equivale a “canzonar la gente.„]
  6. [Il zibibbo e l’uva. Quel zibibbo però che si mangia fresco; non quello che si mangia appassito, e che si chiama zibibbo anche a Roma.]
  7. [Volendo burlare uno che abbia fame, si die che gli batte o gli rode il trentadue.]
  8. [Di torsi, torsoli, al mondezzaio.]