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272 Sonetti del 1845


     5 acciughe.]      6 [A nove baiocchi la libbra, cioè poco meno di una lira o mozzo ai chilogrammo.] [I naselli.]      8 [Le sogliole e il rombo.]      9 [A quindici baiocchi.]      10 [A venti baiocchi.]

ER VOLO DE SIMOMMÀGO.1

1.

     Vònno c’appena entrò cquer perticone
De Tosti2 pe’ ugurajje er capodanno,
Disse er Papa: “E l’affari come vanno?.„
E ’r Cardinale: “Grazziaddio, bbenone.„3.

     Disce: “È astrippàto4 poi sto contrabbanno?.„
Disce: “Nun passa ppiù mmanco un limone.„ —
“E vva avanti a Rripetta ir5 frabbicone?„6
“Si pò ddì cche sta ppronto ar zu’ commanno.„ —

     “Li capitali?„ “Sò vvennuti tutti„7
“Le spese?„ “Sò ar livello co’ l’entrate.„ —
“E ir debbito sc’è ppiù?„ — “Ssemo a li frutti.„8

     Er Papa allora tritticò er cotògno;9
Poi disse: “A cquer che ssento, sor abbate,
Dunque di lei nun ce n’è ppiù bbisoggno.„

13 gennaio 1845


  1. [Cioè il licenziamento del cardinal Tosti dall’uffizio di tesoriere, che, per grande sventura dello Stato pontificio [V. la nota 8 del sonetto: Er ricramo, 26 magg. 43), egli teneva fin dall’anno 1834. Al principio del 45 gli fu sostituito Giacomo Antonelli, allora semplice prelato. E benchè ufficialmente si dicesso che il Tosti aveva voluto dimettersi, il vero è che fu licenziato. Posso anzi aggiungere, poiché lo so da persona autorevolissima, che la causa prossima, se non principale, del suo licenziamento, fu l’aver egli disubbidito al Papa, il quale voleva che il soffitto della Basilica di San Paolo fosse rifatto greggio, com’era l’antico, e il Tosti invece all’insaputa di lui, e forse per favorire artisti suoi protetti, fece cominciare a rifarlo nel modo che si vede al presente. “Cosa avviata, capo ha,„ avrà detto tra sè; e c’indovinò; ma Gregorio gliela fece pagare.]
  2. [Era infatti molto alto.]
  3. [Egli realmente parodiava il Calonne, e metteva tutto il suo ingegno a nascondere anche al Pontefice, anzi a lui più che ad altri, la vera condizione delle cose.]
  4. [Estirpato. Come se derivasse da trippa.]
  5. [Come in tanti altri casi simili, invece delle vere forme romanesche er, se, de, usa ir, si, di, perché così dicono coloro che si sforzano invano di parlar civilmente.]
  6. [Quel grande edifizio semicircolare lungo il Tevere, presso il Porto di Eipetta, e dove oggi é il E. Istituto di Belle Arti di S. Luca. Se ne disse un gran male, per parecchie ragioni: perché, nelle strettezze in cui allora versava l'erario, parve inopportuna la gravissima spesa; perché non piacque il disegno, e si sospettò che l'architetto Camporese ci avesse guadagnato più del dovere; e finalmente perché appena terminato, minacciò rovina, e si dovettero rifare le fondamenta. Eco di tutti questi malumori, comparve un'incisione rappresentante il Tevere che portava sulle spalle il novo edifizio, con sotto la prima parte del terzo versetto del Salmo CXXVIII: Supra dorsum meum fabricaverunt peccatores. E poiché al primitivo disegno della fabbrica fu aggiunto un altro braccio, rieccoti il padre Tebro con la seconda parte del versetto: prolongaverunt iniquitatem suam.]
  7. [V. la chiusa del cit. sonetto: Ur ricramo, dove il Papa dice:

         Fino ch'er tesoriere nun ze stracca
    Di fa debbiti e vvenne ir capitale,
    Staremo sempre in d'un ventre de vacca.]

  8. [Questa proposizione é ambigua. Il cardinale vuole che il Papa 1' intenda nel senso che ora non ci son 'più da pagare altro che i frutti. Ma lui, per conto suo, pigliando debito nel senso di capitale avuto a debito, intende dire che questo non c' è più, e ci restano solo i frutti da pagarsi.]
  9. [Tentennò il capo.]