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416 Sonetti del 1847

UN ROMPICOLLO.1

     Uhm! ppe’ mmé, ppiù cche penzo a sto penziere,
Meno arrivo a ccapì, ssora Todora,
Come diascusci2 mai la su’ sartora
Se sii tant’incescita3 der barbiere.

     Una che ppoterìa fà la signora
Annasse a incecalì4 cco cquer piviere,5
Che ffa ppoi quella razza de mistiere,
Ché, ddio mio!, se ne casca a ddodisciora!6

     Ce vorìeno pe’ llei cose ppiù ggrosse,
Un omo com’e mmé, ssodo, affonnato7...
Nò cquer pidocchio llì, cquer cacca-e-ttosse.

     Si lo sposa, ha da èsse un scenufreggio.8
Guai a llei! fa un gran brutto pangrattato!9
Ma! le donne s’attaccheno ar più ppeggio.10

31 gennaio 1847

  1. [Qui vale, come spesso anche nell’uso toscano, “precipizio. »]
  2. [Come il rispetto per la divinità ha generato le forme pebbìo, pebbrào, peccristallina, pettristo, ecc., così la paura del diavolo ha generato diàscusci, che corrisponde ai diascolo, diamine, diacine de' Toscani, al diantre de’ Francesi, ecc.]
  3. [Accecata d’amore.]
  4. [Perdere il lume degli occhi.]
  5. [Con quel ragazzo. Detto però sempre in tono canzonatorio. Cfr. la nota 8 del sonetto: Er bardassaccio ecc., 12 magg. 43.]
  6. [Contando all'italiana, le dodici ore son sempre più o meno mattutine: sono, cioè, di quelle nelle quali, chi è in condizioni normali, si sente più gagliardo: onde, cascarsene a dodici ore, significa: “esser debolissimo per sovrabbondanza d’appetito o altro.„]
  7. [Con buoni fondamenti, ben pian- tato.]
  8. [Un macello, uno sterminio.]
  9. [Matrimonio.]
  10. [Proverbio, la cui vera forma e questa: Le donne s’attaccheno sempre ar peggio o ar più peggio.]