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Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu/161

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Sonetti del 1832 151
che i popoli soggetti dovevano dirigere ed avviare senza mercede a Roma: cioè Ad Vrbem Ferant. [Si veda invece quel che ne dice il Diez nel suo Dizionario etimologico.]

LI SPIRITI.

5.

     Burlàtemesce, sì, ccari coll’ógna:1
Voantri fate tanto li spacconi,2
E cquanno sémo a l’infirzà un’assogna3
Poi se manna in funtana li carzoni.

     Nun è mmica un inguento pe’ la rogna4
Quer vedé un schertro in tutti li cantoni:
Cqua tte vojjo: a cciarlà ttutti so’ bboni,
Ma bbisogna trovàccese, bbisogna.

     So cche da quella sera de la sbiòssa5
Ancora sto ppijjanno corallina,6
E nnun m’arrèggo in piede pe’ la smossa.7

     E cquanno penzo a rritornà in cantina,
Me sento li gricciori ggiù ppell’ossa,
Me se fanno le carne de gallina.8

Roma, 22 novembre 1832.


  1. L’equivoco dell’ógna, che in romanesco vuol dire unghie, cade in ciò, che aggiunto quel vocabolo a caro, forma la parola carogna.
  2. Rodomonti, bravi.
  3. Sugna.
  4. Modo proverbiale: “Non è già una delizia ecc..„
  5. Paura, accidente terribile. [Altro significato della parola sbiòssa, da aggiungersi a quelli indicati alla nota 3 a pag. 71, e nella nota 7 del sonetto seguente.]
  6. Medicina contro le verminazioni intestinali.
  7. Mossa, diarrea.
  8. [Mi viene la pelle d’oca.]